Francamente, io ai Karma non ci avevo più pensato. All’epoca ero teenager e i loro due album li avevo entrambi in cassetta, e le mie cassette, a un certo punto, sono state quasi tutte buttate, in favore di altri supporti fisici o telematici. I Karma li avevo persi nel passaggio, anche se avevo amato i loro lavori. Uno dei gruppi indie italiani della mia giovinezza che, a un certo punto, era semplicemente scomparso senza che avessi avuto notizia dello scioglimento, come i Flor o i Fluxus.
Per questo motivo, quando ho saputo della loro reunion, mi sono subito chiesto chi altro potesse ricordarsi di loro. Avrei dovuto ricordare io che i video di “La terra” e “Il cielo” giravano in heavy rotation sulla compianta Videomusic. Qualcosa doveva significare. E, infatti, non solo i concerti lombardi del gruppo sono stati dei pienoni clamorosi (e, fin lì, giocavano in casa, in fondo), ma anche l’unica data veneta al Revolution di Molvena (organizzata dai sempre attivissimi ragazzi dell’associazione Ugly Dogs) è stata un indiscutibile successo, con il locale pieno come un uovo di persone che, a occhio, quando erano usciti i due dischi storici, dovevano aver avuto tra i 15 e i 20 anni.
In realtà, David Moretti e i suoi quattro sodali si sono rivelati decisamente poco nostalgici, al netto di qualche battuta sui 27 anni di assenza dai palchi. Il concerto è stato quasi interamente basato sull’ultimo disco (l’ottimo “K3”) con solo qualche scampolo dedicato ai lavori degli anni Novanta. Decisamente meglio così, tenuto conto di quanto sia ammorbante l’effetto amarcord che ci perseguita da una ventina d’anni a questa parte.
Si guarda avanti, dunque, fin dall’attacco strumentale seguito da “Neri relitti” e il gruppo dimostra di essere decisamente in palla: la devastante sezione ritmica, composta dal bassista Andrea Viti, dal batterista Diego Besozzi e dal percussionista Pacho Rossi, si prodiga in continui cambi di tempo e poliritmie dall’effetto spesso straniante. Su quest’ossatura monumentale si innesta la chitarra di Ralph Salati, uno che viene dal metal (suona nei Destrage) e si vede soprattutto negli assoli, complessi ma mai sbrodoloni e, soprattutto, la voce di Moretti, chiara, espressiva e potente come trent’anni fa, ma ormai del tutto affrancata dalle, fin troppo rimarcate, influenze dell’epoca (Layne Staley in primis).
L’ultimo album viene riprodotto nella sua interezza (pure le complesse e dilatate “Goliath” e “Eterna”) e il pubblico le canta esattamente come i pochi classici concessi: “Cosa resta” dall’esordio e “Terzo Millennio”, da “Astronotus”, dove il cantante tira fuori il megafono che era stato un vero e proprio marchio di fabbrica dei concerti storici. Questo, almeno, fino al bis, dove, dopo “Corda di parole”, vengono riproposti i due classiconi “La terra” e “Il cielo”, intermezzati da una bella versione di “Teardrop” del Massive Attack – anno di grazia 1998, quando la storia dei Karma pareva fosse finita. Fortunatamente, nel loro caso il Samsara non ha richiesto generazioni per concludere il giro di ruota e ripartire.
(Foto di Orazio Bao)
Antonio Santini for SANREMO.FM