voto
7.5
- Band:
HELFRÓ - Durata: 00:35:45
- Disponibile dal: 01/12/2023
- Etichetta:
- Season Of Mist
Streaming non ancora disponibile
Si dice Islanda e si pensa black metal, ma questa volta non è (solo) così. Intendiamoci, il black è chiaramente presente nella musica degli Helfró, ma rappresenta un elemento all’interno della proposta di questo duo di Reykjavík, che in questa seconda prova si presenta con nove brani (in trentacinque minuti) di quello che possiamo sostanzialmente definire death metal, ma le cui caratteristiche, come dicevamo, sono ben foderate in quelli che sono i dettami tipici della specialità della casa di quelle parti. La sensazione – buonissima, come vedremo – è di un’attitudine black al servizio di una composizione prettamente death metal, e la cosa funziona ottimamente, anche se non è così scontato. La base ‘ossea’ di “Tálgröf” ricade nelle sapienti mani del batterista Ragnar Sverisson, autore dei brani e voce, nonché fondatore degli Helfró, ed è rimarchevole: nella sezione ritmica micidiale, nel continuo mutare di paesaggi sonori, nel dinamismo pregno di sostanza oltre che di forma, mentre le chitarre svolgono un instancabile, va detto, servizio ai brani nella continua elaborazione di riff e orpelli che spuntano qua e là (ad opera di Simon Thorolfsson, chitarra, basso, voce e arrangiamenti, preziosissimi in un lavoro come questo).
I brani sono corti e stordiscono senza tante cerimonie l’ascoltatore – in “Þögnin Ytra, Kyrrðin Innra” c’è tanta di quella roba da far fatica a starci dietro – e se ogni tanto sembra di risentire i Mayhem più ispirati o i primi Dark Funeral, certi stop and go, un certo modo d’intendere il riffing, nonché intere sequenze, ci spingono verso altri lidi (diteci se non vi vengono in mente i Morbid Angel ascoltando “Fláráð Fræði”).
Non manca qualche momento di respiro, ma prevalentemente il disco è un trionfo di adrenalina che pare spingersi sempre più in là nella gara di velocità con sé stesso. Una velocità che trasuda una cattiveria nichilista che del resto fa da base anche alle tematiche del disco (il main concept sono le manifestazioni più oscure della mente umana) e una ferocia che riesce, miracolosamente, a non perdersi quasi mai per strada e, anzi, anche a sapere quando giocare più lentamente con un inquietante ripetersi (“Ildi Óhreins Anda”, ad esempio).
La cosa bella è che le atmosfere si costruiscono al cospetto di un incedere ferino, senza ricercare malinconie o ‘l’immagine’ che a volte si ricrea nelle proposte di altri progetti islandesi, se non forse solo di striscio, con qualche apertura verso la fine (“Traðkandi Blómin I Eigin Hjartagarði”).
Insomma, questo “Tálgröf”, ammettiamo, ci ha preso abbastanza di sorpresa e molto bene: scritto con buon gusto, rigido come una tormenta, vario e pieno di idee che però restano ben saldate al genere di appartenenza, senza ‘scherzoni’ atti a scioccare nessuno. Solo tanto vecchio caro metallo della morte. Intendiamoci, non si reinventa certo la ruota, qui, ma quello che c’è è fatto dannatamente bene.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM