Quando Andy Partridge pensò di scritturare gli irlandesi Pugwash per la sua etichetta APE, le attinenze tra la band di Thomas Walsh e gli Xtc vennero al pettine: oltre alle palesi influenze di Beatles, Beach Boys, Todd Rundgren ed Electric Light Orchestra, le due formazioni condividevano, nonostante un repertorio ricco di potenziali pop song da classifica, anche lo status di cult band.
Per onor di cronaca gli Xtc per un breve periodo riuscirono a fare breccia con alcuni singoli nella classifica inglese, ma lo stop dell’attività live troncò le fortune della band. Anche i Pugwash ebbero un breve momento di gloria con l’antologia “A Rose In A Garden Of Weeds: A Preamble Through The History Of Pugwash” (2014), conquistando le classifiche americane nonché l’interesse di due etichette importanti: Sony ed Emi. Nonostante l’enorme sforzo produttivo, l’atteso e annunciato album della riscossa, “Play This Intimately (As If Among Friends)”, fallì il bersaglio, provocando la fine della band. Sotto il nome Pugwash, il buon Thomas Walsh è tornato in scena con un disco realizzato con l’ex-Jellyfish Jason Falkner. Con “Silverlake” il musicista irlandese ha spostato l’asse verso un pop più schietto e diretto, trovando nuova linfa creativa, ma non purtroppo il meritato successo.
La carriera artistica di Thomas Walsh è anche una storia di amicizie e relazioni importanti – Andy Partridge, Matt Berry, Jason Falkner, Ray Davies, Jeff Lynne e soprattutto Neil Hannon, musicista con il quale ha condiviso due album sotto il nome di Duckworth Lewis Method. Ed è grazie a questa solida catena di rapporti personali che il musicista irlandese ha trovato la forza per questo nuovo album, “The Rest Is History”, primo progetto pubblicato a proprio nome.
Al fianco di Thomas ritroviamo l’amico fedele Neil Hannon, ma anche Michael Penn, Dave Gregory degli Xtc, Mike Flower e Joe Elliott dei Def Leppard.
Ancora una volta il pop amabilmente romantico e post-beatlesiano del compositore irlandese si tiene lontano dai languori dell’easy listening grazie ad arrangiamenti leggiadri e ben rifiniti, scivolando elegantemente tra tentazioni retrò che profumano di tango (“Love In A Circumstance”) ed esotismi caraibici (“Born Of Kamchatka”) e assestando almeno un paio di nuovi classici da aggiungere al già ricco canzoniere: la trascinante melodia in stile Elo di “A Good Day For Me”, scritta a quattro mani con Neil Hannon, e il potente power-pop di “All This Hurt”.
A una meno possente struttura in fase di produzione, dovuta a problemi di budget, Thomas Walsh contrappone una solidità di scrittura che garantisce ancora una volta un prodotto interessante e per molti versi più disinvolto delle passate incisioni con i Pugwash. “The Rest Is History” non è comunque esente da lievi difetti, come il curioso e sbarazzino country di “This Is My Fortress”, peccati veniali che sono stemperati dalla dondolante melodia folk-psych di “To Be That Child Again”, dall’inatteso piglio britpop di “Another Lessons In Life”, dalle delizie sixties di “Take Your Time” (scritta con Michael Penn) e dall’elegante uso degli archi nella ballata pianistica che chiude l’album (“We Knew”) arrangiata da Dave Gregory. L’ombra degli Electric Light Orchestra ritorna prepotente nella più surreale canzone del lotto (“Everyone Back In The Water”), ma il vero colpo di genio di Walsh è l’approdo alla canzone d’autore folk-pop stile Harry Nilsson offerto dalla più ambiziosa “Man Lies Down Again”.
Una bella copertina in stile flower power, disegnata da Christopher Appelgren e dallo stesso Thomas Walsh, e un logo realizzato da Brian Hickey completano l’effetto deja-vu di “The Rest Is History”, strappando un ulteriore sorriso di compiacimento. Bentornato Thomas.
24/12/2023
Daniel D`Amico for SANREMO.FM