Che siano persone in carne e ossa, realtà geografiche oppure luoghi dell’anima, nei quali sentirsi accuditi e a casa, è alle varie figure materne della vita di ciascuno di noi che Sofia Kourtesis dedica il suo primo album, con ovvia attenzione al rapporto che lega la producer peruviana di stanza a Berlino a sua madre. Dopo l’elaborazione del lutto paterno in “Fresia Magdalena”, Ep che segnò il passaggio dal benemerito Studio Barnhus ai blasoni della Ninja Tune, “Madres” è un ulteriore scavo nel vissuto dell’artista, epica familiare che nel dispiegarsi trascende il dato personale e diventa moto generale, occasione di commento, festa, euforia. La guarigione dal tumore della madre, l’eterno fervore della scena techno berlinese, i moti di protesta in Perù, il ricco patrimonio folkloristico del paese: tutto concorre all’ideazione di un linguaggio house mai come adesso dinamico e stratificato, effervescente e allo stesso tempo dedito a una profonda riflessività, capace di tracciare un asse solidissimo tra realtà culturalmente distanti tra loro. Nel dipanarsi del racconto, il disco trabocca di autentica vitalità.
Come si traduce tale vitalità? Con grande plasticità, ma soprattutto con una sbalorditiva cura per il dettaglio. Già pratica dei piovosi beat house che costituiscono la fortuna della sua prima etichetta, per il suo primo album ne integra il taglio riflessivo con tutta la pletora di riferimenti culturali e personali che costituiscono l’ossatura tematica dell’album. Ne risulta un raffinato caleidoscopio di umori e sensazioni, un prisma di colori che solo in rarissime occasioni rinuncia ai famosi 120 battiti per minuto, ma che trascina con sé tutte le ondulazioni del ricco contesto di base.
Beat gommosi, cambi di ritmo e suoni zuccherini imperversano nelle successive “How Music Makes You Feel Better” (umido momento testimone della preziosa eredità future-garage di Burial) e “Habla con ella”, episodi carichi di anima e passione, che distendono l’atmosfera prima dell’inno al clubbing berlinese “Funkhaus”, notevole assalto ritmico dai risvolti techno che trova pace solo nel finale carico di melodia, echi vocali e scampanellii.
Il primo concerto cui Sofia Kourtesis sia mai stata è un live di Manu Chao, un artista che lei stessa avrebbe presto definito un vero e proprio role-model, praticamente un maestro di vita. Se da una parte, quella concettuale, viene facile allocare l’influenza del musicista francese di origini spagnole, un’anima migrante combattiva e innamorata delle minoranze, tra gli spiriti guida della producer, un ascendente musicale è senz’altro meno immediato. A spazzare via ogni dubbio ci pensa però l’irresistibile remix di “Estación Esperanza”, che incastona il cantato di Chao in un groviglio ritmico di marca Ninja Tune, facendolo sembrare nato per echeggiare tra pad elettronici degni di Dj Koze.
Si chiude con il numero più psichedelico del lotto, cinque suggestivi minuti intitolati “El carmen” che, tra affilate stoccate di rumore e i consueti battiti plastici, ci catapultano tra i vicoli più oscuri e scatenati di Lima, le loro voci sospese tra cumbia, festa e santeria.
Ricco e appassionato, volto ad accentuare lo stretto legame che unisce la producer al suo Perù, “Madres” accoglie con commossa tenerezza, combatte e celebra con la stessa fierezza, pulsa di un amore che il fitto sottotesto narrativo esalta nella sua universalità. Approdata al primo album con un’esperienza consolidatasi nel tempo, Sofia Kourtesis è un’autrice fatta e finita, padrona di un linguaggio formato in ogni suo aspetto. Perché la musica sa farti sentire meglio.
01/11/2023
Antonio Santini for SANREMO.FM