Renga Nek
Pazzo di te
VOTO
5
I due reduci dall’epoca pre-fluida del pop italiano sono arrivati sull’onda d’un tour che va avanti con successo e col ruolo di classici che non si prendono granché sul serio (che è sempre cosa buona e giusta nel pop). E però il confronto con cantanti con molta meno storia e anche meno capaci di loro ha dimostrato che l’ora fatale d’una certa canzone è arrivata da tempo. Persino a Sanremo.
BigMama
La rabbia non ti basta
VOTO
7
Non ha ingranato subito, ma è uscita dal Festival rafforzata come tutti quelli che sono arrivati con una cosa forte e precisa da dire nella canzone in gara, ma anche con la cover, i vestiti e il resto. E questo indipendentemente dalla classifica. Peccato per il pezzo non eclatante, uno dei tanti presi al festival sull’onda di Cenere di Lazza.
Ha fatto un Sanremo senza snaturarsi, senza strafare, ma poco appariscente, puntando sul suo romanticismo geolocalizzato e lievemente stropicciato. È mancata una canzone più forte, però lascia la Liguria con un’Arena di Verona da fare e un invito di Venditti a unirsi al quarantesimo anniversario di Notte prima degli esami. Potrebbe rimanere l’immagine del panda.
Dargen D’Amico
Onda alta
VOTO
5
L’impressione è che abbia lasciato il segno non con la canzone, ma coi «cessate il fuoco» e portando il tema poco festivaliero dei morti in mare. Anche all’ultima esibizione all’Ariston Onda alta è sembrata dozzinale (volutamente dozzinale, è la specialità della casa). Ma Dargen ci ha già fregato una volta trasformando Dove si balla in un tormentone ineludibile, quindi chissà che questa Dove si ribella arrivi a tutti.
È l’anti Rolling Stone, lo rimane, ma ha senso continuare a prendersela con Il Volo solo perché è Il Volo? No, se hanno dimostrato, in cinque giorni, di fare un Festival alla loro maniera, ma aggiungendoci il cazzeggio di chi, da giovane vecchio, sta diventando un vecchio giovane che vuole divertirsi. Vocalmente sono dei draghi, il pezzo è molto meglio di quel che sembra, e hanno davanti un tour di due anni. Forse hanno ragione loro.
Loredana Bertè
Pazza
VOTO
10
Quando un artista, senza e con apostrofo, ti sbatte in faccia una verità, la riconosci subito. È una cosa che Loredana Bertè fa benissimo, e da sempre. Non ha bisogno di esagerare come fanno certe colleghe: è tutto iscritto nel timbro della sua voce. E in questo Sanremo sembra riconciliata col mondo. Pazzi di lei.
Negramaro
Ricominciamo tutto
VOTO
7,5
Non hanno trovato il grande consenso popolare che forse nemmeno si aspettavano perché hanno voluto giocare un Festival libero come la classicità sofisticata del pezzo che non ammicca a niente, men che meno a quello che va di moda oggi. Una band che fa questo Sanremo dopo vent’anni ha già vinto, hanno passato una settimana spinti dalla voglia di suonare (sul palco e fuori), il pezzo resterà.
Cosa vogliamo dire a Mahmood? Ogni volta che sale su quel palco porta il suo mondo. Se le popstar italiane sono pochissime, lui lo è al 200%. Forse in questo festival di troppe canzoni il suo brano ha fatto fatica a salire in classifica nei primissimi posti. Resta il pezzo più ascoltato nella classifica global, e qualcosa vorrà dire.
Santi Francesi
L’amore in bocca
VOTO
7
Quello che abbiamo capito dei Santi Francesi, ma che era già stato ampiamente svelato a X Factor, è che danno il meglio quando modellano brani altrui, come dimostrato nella serata cover. L’amore in bocca è buona, ma sugli inediti, oggi come ieri, manca ancora qualcosa. Alla fine, tra i giovani, portano a casa il miglior Sanremo.
Il 2020 sembra lontanissimo, vero? Anche la possibilità che Diodato possa vincere un altro Sanremo lo è. Eppure Ti muovi per certi versi può ricordare Fai rumore, pur non avendone lo slancio melodico nel ritornello. Ma Diodato è rimasto fermo (in un posto che piace a tanti, per carità), il pop ha fatto un passo avanti, o forse di lato, for good or bad. Il suo è un pezzo ben costruito, una canzone vera con parti corali e orchestrali sopra le media canzonettara, e anche questo conta.
Fiorella Mannoia
Mariposa
VOTO
5
Quello che le donne dicono e lo dicono in modo didascalico. E questo è un problema per quest’inno femminista latineggiante che fa pensare al 1994, non al 2024. Al posto di mettere in campo l’autorevolezza interpretativa che le si riconosce con una ballata, si è messa in gioco. Non ha funzionato al 100%.
Alessandra Amoroso
Fino a qui
VOTO
6,5
Il suo Sanremo l’ha fatto bene, ha portato una canzone per lei classicissima ma più adulta del suo solito, coerente con la (chiediamo scusa) narrazione che ha proposto: prima il successo, poi il crollo. Ha sbracato solo nella serata di cover coi Boomdabash. Fantafestival: se avesse portato questo pezzo quand’era una delle cantanti pop più popolari d’Italia avrebbe vinto.
Ieri il prof. Vecchioni ci ha insegnato che bisogna dare fiducia ai giovani, ché sennò siamo finiti. E aveva ragione, vista la resa della cover di Sogna, ragazzo, sogna. Vai! resta però una canzone che domani ci scorderemo (radio permettendo).
Va dritto per la sua strada, mettendo il vocione davanti a tutto. Al primo ascolto il pezzo impressiona proprio per come Irama “spinge”. Al secondo e al terzo un po’ meno, ma ha una sua identità, che è il bene più prezioso di un cantante pop.
Forse tra qualche anno non ricorderemo come fa Casa mia, che comunque non è niente male. Ricorderemo però il Sanremo di Ghali. È partito malino con quella specie di Gabibbo alieno che girava per la città e che nella finale è arrivato sul palco. È andato avanti molto bene con una coerenza tra la canzone in gara e la cover. Magari questa non sarà la sua identità musicale definitiva – l’identità musicale di Ghali è sempre incerta – ma ricorderemo il modo misurato e non intimidente per una platea come quella sanremese, in cui ci ha invitati a riconsiderare l’identità nazionale. La madre in platea alza un cartello: «Sei il mio vincitore, amore della mamma». Più italiano di così…
Annalisa
Sinceramente
VOTO
7
È arrivata a Sanremo da prima della classe che ha deciso di prendere un 6 in condotta, tra “voglia di” e sexy boys. A Sanremo ha seguito la scia dei successi precedenti: anthem più addio al nubilato che nuovo femminismo, reggicalze bon-ton e la solita voce come una lama. Tutto giusto, un po’ freddo, ma ha fatto dimenticare che aveva fatto cinque (!) Sanremi prima di questo. È il nostro Povere creature!, che da Savona arriva (quasi) al confine. E va bene così.
Angelina Mango
La noia
VOTO
10
Era tra le favorite, ma chi se l’aspettava questa trasformazione da stellina del pop che fa canzoni buone fino a un certo punto, adatte alla sua età com’è naturale che sia, a interprete maturata dieci anni in una notte, tipo bluesman che ha venduto l’anima al diavolo? Spazia tra i registri, si diverte, s’impadronisce del palco (stasera forse un po’ meno), ferma metà dell’Italia davanti alla tv con la cover del padre. Signore dei dischi, da’ ad Angelina buone canzoni nei prossimi mesi e anni.
Geolier
I p’ me, tu p’ te
VOTO
8
Come si sale sul palco più importante dopo aver vinto la serata delle cover ed essere stato fischiato da una parte della platea? Semplicemente fottendosene (e camminandoci, per quella platea) con la spensieratezza impossibile dei vent’anni. Bravo Geolier, alla faccia di tutti, un Sanremo oltre ogni aspettativa.
Salutiamo senza rimpianti la vecchia Emma, intenzissima interprete che pensa che la voce rotta sia sinonimo di interpretazione riuscita – ma il mondo non è (più) lo studio di Amici – e diamo il benvenuto alla cantante più leggera e divertita degli ultimi tempi, Sanremo compreso. Dentro Apnea l’avete sentita anche voi un po’ di Viola Valentino?
Amadeus ha il merito di avere portato Spotify dentro il Festival. Inutile lamentarsi: per anni abbiamo detto che la musica del Paese reale restava fuori dall’Ariston, ora è lì, precisa precisa. E la musica italiana oggi è anche Il Tre, con la sua medietà, il testo sulla fragilità, la sensazione d’avere già sentito la canzone da qualche parte.
Ricchi e Poveri
Ma non tutta la vita
VOTO
7
Fiocchi, strass, baci stampati sul collo. Gli Angeli dovevano essere la quota ospizio (con rispetto) e invece sono il puro canone pop sanremese ma col senso, forse inconsapevole, del meme. Hanno un racconto (lei Liza Minnelli birichina, lui il gentleman che incassa e sospira), un pezzo più sofisticato di quel che sembra, e la voglia di esserci solo per divertirsi. Che bello invecchiare così.
The Kolors
Un ragazzo una ragazza
VOTO
7
Scritta prima di Italodisco, portata a Sanremo dopo Italodisco, paragonata continuamente a Italodisco. Costruita per diventare un tormentone, ha arrangiamenti anni ’70, è furbissima, la canti anche se non ti piace. Al posto di crescere con gli ascolti, sta ferma, con l’inconveniente che ti resta appiccicata addosso. Ci arrendiamo.
È un po’ la vittima sacrificale di questo Festival. Arriva da bad boy che “ruba” il posto tra i big, ne esce da bravo ragazzo fermo ai Sanremi di qualche anno fa. Il pezzo è onesto, l’interpretazione è cresciuta di sera in sera, ma certo non lo impone come futura stella. Ci sta simpatico, cresci bene che ripassiamo.
La Sad
Autodistruttivo
VOTO
7
Stupidi e contagiosi (cit), hanno portato al Festival vitalità, furbizia, un po’ di nonsense e questa sera pure la dichiarazione vagamente engagé. Sono sgangherati, chiaro, però esuberanti, una cosa che a Sanremo fa solo bene, a meno che non siate fra quelli che prendono seriamente il Festivàl. Amen se i vecchi punk inorridiscono (non tutti, leggete l’intervista sulla fanzine di Rolling Stone). Scappati di casa, con orgoglio. E una missione: entrare nel mainstream.
Mr. Rain
Due altalene
VOTO
2
Chissà che cosa diranno di questa canzone i parroci di tutt’Italia che hanno fatto cantare Supereroi a migliaia di bambini. Due altalene è l’Italia dei buoni che conosce il rap e lo usa con moderazione. C’è il tono carezzevole, ci sono i fiori che crescono dalle lacrime, i buoni sentimenti sono esposti. Successo assicurato. Da queste parti però non sappiamo che farcene di canzoni così.
Fred De Palma
Il cielo non ci vuole
VOTO
6
Zarro intimista o zarro estroverso? Queste le due facce del Sanremo di Fred De Palma che ha puntato tutto sulla cassa dritta, sia nel suo pezzo che nel medley con gli Eiffel 65. Costringe Fiorello al beatboxing e sul palco si diverte col freestyle. Alla fine, ci ha quasi convinto.
Sangiovanni
Finiscimi
VOTO
7-
«Al di là delle classifiche io voglio bene a Finiscimi», dice emozionato durante la sua ultima esibizione. «Le vittorie e le sconfitte non contano. È importante stare bene e provarci». Sangiovanni ha detto la cosa migliore di questa finale e tra l’altro, quel brano, l’ultimo posto non se lo merita proprio. Tranquillo Sangiovanni, Sanremo è solo Sanremo. E l’hai già capito meglio tu.
Clara
Diamanti grezzi
VOTO
6+
«Quella di Mare fuori» (sorry) nonché vincitrice di Sanremo Giovani ha cominciato a far entrare nella “bolla” (definizione sua) il proprio personaggio più che la canzone. Troppo fredda nell’esecuzione per fare il botto.
Hanno portato a Sanremo un’ipotesi di canzone italiana da boy band al passo coi tempi e presa bene. Controlliamo la app Salute dei loro iPhone: saranno arrivati bassi in classifica, ma sul palco hanno fatto chilometri. Orgoglio provinciale: «Anche dove non c’è niente si può costruire».
Rose Villain
Click boom!
VOTO
8,5
È talmente brava, bella e stilosa che vederla nella parte sbagliata della classifica è la vera blasfemia di questa edizione. Distratti da i dissidi popolari tra i tifosi Geolier e di Angelina, è lei la grande derubata del Festival n. 74. Punto. Anzi, click.. boom!
Antonio Santini for SANREMO.FM