voto
8.0
- Band:
PONTE DEL DIAVOLO - Durata: 00:42:34
- Disponibile dal: 16/02/2024
- Etichetta:
- Season Of Mist
Streaming non ancora disponibile
Se è vero che tutto il metal trae origine da una certa fascinazione per l’occulto, crediamo di poter affermare che il metal italiano ha costruito, nel tempo, un proprio approccio al tema. Sarà la ricchezza del nostro folklore, sarà la gravità della Controriforma barocca che incombe sulle nostre città, saranno le voci di oracoli e sibille che sussurrano nelle Vie Cave, o le speranze dei cacciatori camuni incise nella pietra; saranno i Benandanti friulani, le streghe di Triora o quelle di Modena, saranno le visioni di Eusapia Palladino, la letteratura gotica del XVIII secolo o i film di Dario Argento. Sarà come sarà, ma, dai Death SS agli Abysmal Grief, dagli Inchiuvatu ai Messa, sembra esserci un filo conduttore che intreccia la lezione dei Black Sabbath al profumo di macchia mediterranea. Non sempre questo retroterra, che sembra emergere con una certa continuità, si manifesta in modo omogeneo: anzi, le band appena citate sono diverse l’una dall’altra per genere e per generazione. Eppure, ascoltando il debut album dei Ponte Del Diavolo, è difficile non riconoscere un retaggio di questa “famiglia allargata”, di cui rappresentano la novità più entusiasmante.
Preceduto da tre EP molto promettenti, l’atteso “Fire Blades From The Tomb” è il biglietto da visita di una band che arriva al debutto artisticamente già matura. Merito dell’esperienza dei suoi componenti (già attivi in Feralia, Inchiuvatu, Lum, Askesis), ma anche di una visione molto chiara della propria identità, che si esprime in un intrigante blend di doom, post-punk, black metal e occasionali echi psych. La cattedrale sonora costruita a partire da questi elementi è retta magistralmente dal doppio contrafforte della formazione a due bassi e impreziosita dalle prodezze vocali della cantante Erba Del Diavolo. Un po’ sacerdotessa punk, un po’ diva infernale, la carismatica frontwoman offre una performance intensa e drammatica, cui risulterebbe assai riduttivo attribuire un’etichetta – immaginatevi una Siouxsie Sioux dal piglio più cupo e teatrale.
La versatilità della combo torinese prende forma in un pacchetto di sette brani che conquistano fin dalle prime note della trascinante “Demone”, in cui un’irruenza a metà tra post-black e post-punk sposa sensuali refrain doom. Proprio ‘irruenza’ e ‘sensualità’, in effetti, potrebbero essere due buone parole-chiave per parlare di questo lavoro. “Fire Blades From The Tomb” è infatti un album seducente, che fa sprofondare l’ascoltatore tra le sue pieghe ipnotizzandolo con riff fumosi e versi carnali che celebrano una femminilità dominante, priva di compromessi. È quello che accade in “Covenant”, rituale stregonesco incrostato di suggestioni metropolitane, o sulla torbida “Red as the sex of She who lives in death”. Ma “Fire…” è anche un disco crudo, ferino, per molti versi viscerale. Lo è nelle chitarre taglienti, negli sviluppi imprevedibili, nelle declamazioni dionisiache. Lo si sperimenta sulla già citata opener, ad esempio, o sulla misteriosa “Zero”. La perfetta sintonia di queste due ‘anime’ testimonia anche la capacità dei Ponte Del Diavolo di coniugare immediatezza ed espressività ad un songwriting sofisticato, in cui la stratificazione delle tante, riconoscibili influenze si spinge ben oltre i generi. A proposito di influenze, la band dichiara di rifarsi a Electric Wizard, Darkthrone e The Devil’s Blood, ai quali ci sentiamo di aggiungere reminiscenze della scena post- americana più recente. A coronamento di questa succulenta proposta, una personale rilettura del classico di Nick Cave & The Bad Seeds “The Weeping Song”, con la partecipazione alla voce di Davide Straccione degli Shores Of Null.
Siamo solo a febbraio, ma abbiamo già per le mani un disco da non perdere, che potrebbe consacrare i Ponte Del Diavolo come la prossima rivelazione della scena di casa nostra.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM