voto
6.5
- Band:
PECTORA - Durata: 00:49:49
- Disponibile dal: 05/04/2024
Streaming non ancora disponibile
I danesi Pectora tornano a farsi vivi con un nuovo album, “Twilight Knights”, a distanza di quasi quattro anni dal debutto “Untaken”, già recensito sulle nostre pagine. In questi quattro anni ci sono stati alcuni cambiamenti per la band: un nuovo bassista, Gustav Solberg, e soprattutto un nuovo cantante, Philip Butler, cha ha dato un taglio diverso al sound dei Pectora. Il suo timbro più acuto – che ci ha ricordato una via di mezzo tra Bruce Dickinson e Tobias Sammet – ha portato infatti la band a provare soluzioni differenti, pur restando ben saldi nell’alveo del metallo tradizionale, un heavy metal di stampo europeo, che di tanto in tanto strizza l’occhio al power metal più roccioso di scuola germanica.
Per questo secondo lavoro i Pectora non si affidano al supporto di una label, ma scelgono la strada dell’autoproduzione, provando a gestire in autonomia il loro percorso, pur senza rinunciare a consegnarci un prodotto curato, potente e professionale nei suoni. “Twilight Knight” in cinquanta minuti condensa una manciata di canzoni potenti, che trovano la loro forza nel buon lavoro delle chitarre di Morten S. Nielsen e Søren Weiss; non ci ha invece convinto del tutto l’innesto del nuovo cantante, il cui timbro e stile appaiono piuttosto canonici, in un contesto, quello del metal classico, dove invece è davvero importante riuscire a trovare una propria personalità.
Viste le buone premesse del debutto, quindi, il secondo album dei Pectora avrebbe dovuto far fare alla band un balzo in avanti, portandoli ad una evoluzione del loro sound e rafforzandone i punti di forza. Durante l’ascolto di “Twilight Knight”, invece, abbiamo avuto la netta sensazione di trovarci ancora in una situazione di passaggio: i Pectora, infatti, stanno ancora cercando una propria strada e non sembrano avere sempre le idee chiare circa la loro direzione. Così abbiamo un brano come la title-track, classicissima e diretta, che si contrappone invece ad una canzone piuttosto confusa nella struttura come “Cold Void”.
“Children Of The Atom” tenta di inglobare sonorità più groovy e moderne, staccandosi un po’ dal resto della tracklist, e tutto sommato l’esperimento ci pare pienamente riuscito; mentre la conclusiva “On Forlong Wings”, con i suoi nove minuti di durata, vorrebbe aprirsi ad uno stile più epico e maestoso, ma senza trovare il giusto equilibrio nella composizione, che finisce per perdersi via nella sua lunghezza.
Un album transitorio, quindi, che lascia intravedere spunti interessanti da sviluppare, ma che a nostro parere avrebbe necessitato ancora di un po’ di lavoro prima di arrivare alla pubblicazione. Forse in questo senso la scelta dell’autoproduzione si è rivelata un’arma a doppio taglio, lasciando sì totale libertà al gruppo, ma privandoli anche del confronto con una realtà, quella discografica, che potenzialmente avrebbero potuto dare qualche dritta ai musicisti.
Un ascolto al brano in calce alla recensione, comunque, è consigliato e, a questo punto, li attendiamo per il fatidico album della maturità.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM