Concepito in piena autonomia, con unico contributo quello di Karl Jannuska come batterista in quattro degli otto brani, “Shelter(s)” sottolinea le qualità di Olivier Bogé non solo come musicista ma anche come interprete, con un timbro vocale che rimanda spesso ad Art Garfunkel, pur con inflessioni più introspettive.
Al pregevole fingerpicking di “We Slowly Drove” spetta introdurre le sofisticate, inebrianti e lussuose evoluzioni folk-pop-jazz dell’artista francese, un’elegante struttura armonica dove non mancano citazioni delle più nobili pagine del folk inglese. Gli echi di John Martyn e Nick Drake risuonano in “Sweet Caroline”, mentre l’essenziale intensità poetica di autori come Bill Fay impreziosisce “The Sacred Garden”.
Con abilità e lirico candore, Bogé tesse armonie destinate a resistere all’usura del tempo, episodi tanto essenziali quanto elaborati (“Birds”), sobri e toccanti al pari di una vecchia canzone da jazz-club notturno (“Ghost Song”), a volte ricchi di preziosi dettagli strumentali (“Blind Believers”). Un elegante mix di perfezione e sensibilità che l’autore suggella mettendo in musica una poesia di Emily Dickinson, ”What Is Paradise”.
Raro esempio di canzone d’autore, “Shelter(s)” è un album da gustare senza fretta. Forse il nome di Olivier Bogé difficilmente farà capolino nei consuntivi di fine anno della stampa internazionale, ma gli estimatori di artisti come Oren Lavie, Alondra Bentley e Keren Ann troveranno più di un motivo per lasciarsi catturare da questo piccolo gioiello folk-jazz-pop.
20/12/2023
Daniel D`Amico for SANREMO.FM