La costante tensione verso un’espressività capace di coniugare sovrastruttura concettuale e portato emozionale muove la pratica sonora di Maria W Horn fin dai suoi esordi, nutrendosi di un’articolata intersezione di suoni sintetici, strumenti elettroacustici e acustici, ulteriormente implementata da processi algoritmici e manipolazioni digitali. Tale ricerca sonora trova nell’etnografia e nella relazione con le arti visive il suo naturale substrato e si sviluppa coniugando approcci compositivi estratti da ambiti differenti.
Ciascuno di questi elementi permane centrale nella nuova opera della musicista svedese, concepita come installazione audiovisiva site-specific per l’ex-prigione Vita Duvan situata a Luleå, ora proposta quale autonoma uscita discografica. L’edificio, costruito sulla base dell’idea del Panopticon formulata dal filosofo Jeremy Bentham, ha una struttura circolare al cui centro era collocato il sistema di monitoraggio, favorendo così la percezione nei prigionieri – tenuti divisi in celle singole – di essere costantemente sorvegliati. Isolamento sociale ed estrema solitudine erano le sensazioni imperanti. L’intento dell’autrice è dare corpo a tali sentimenti e per farlo ha realizzato un ciclo vocale e successivamente separato le singole voci, collocando un altoparlante in ciascuna cella. La forza comunicativa dell’intreccio di tali elementi, volto a simulare la ricerca di comunanza dei reclusi, è alimentata dagli effetti di spazializzazione innescati dall’architettura, vero e proprio filtro di riamplificazione, difficilmente riproducibili nella registrazione stereo.
L’itinerario narrativo si apre con “Omnia Citra Mortem”, trama canora che si dispiega a partire da singoli frammenti per addensarsi in una trama polifonica toccante, permeata da quel senso del sacro con cui la Horn ha già evidenziato di avere profonda affinità. Il ciclo vocale rimane dominante in “Hæc est regula recti”, prima di lasciare pieno campo nella title track all’armonia che struttura l’intero percorso, mantenuta fin qui quale fondale aderente ai canoni del minimalismo drone. Le frequenze elettroniche, corroborate dall’alea iniettata dal processo di pre-programmazione, fioriscono in un paesaggio sintetico sinuoso, che si libra impennandosi in onde cosmiche, segnando il passaggio più intimista di un viaggio che si chiude con l’adattamento di un canto popolare intriso di speranza.
Al netto delle difficoltà logistiche, la suite in quattro movimenti incisa su vinile mantiene inalterata l’intensità del portato sensoriale dell’insieme, facendo di “Panoptikon” la produzione più ambiziosa e riuscita di un’artista di grande talento, capace di offrirci un’esplorazione sonora immaginifica che ci fa sentire tutta la complessità della reclusione, della resilienza e dell’attesa fiduciosa.
01/04/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM