voto
7.0
- Band:
LUCIFER - Durata: 00:39:41
- Disponibile dal: 26/01/2023
- Etichetta:
- Nuclear Blast
Spotify non ancora disponibile
Partiti nel 2015 con un album di occult rock pesantemente intorbidato di doom vecchia maniera e sentita malignità, a partire dal secondo disco – registrato con una line-up stravolta rispetto all’esordio, ricordiamolo sempre – i Lucifer di Johanna Sadonis sono diventati tutt’altra cosa: un gruppo dedito in questo caso a un hard rock plumbeo e sfumato di malinconia, sabbathiano solo fino a un certo punto, depurato dei suoi elementi più torbidi e grevi.
L’etichettatura ‘doom’ oggi, come per tutti i capitoli a partire da “Lucifer II” in avanti, ha poco senso, se non come fugace pennellata qua e là, mentre un certo alone dark è sopravvissuto, seppur a corrente alternata, determinando, assieme alla volontà di essere semplici, assimilabili e orecchiabili, le fortune della band.
Oggi che arriviamo al quinto album per la formazione ora di stanza in Svezia – la cantante e il batterista Nicke Andersson sono anche marito e moglie – il discorso si ripete praticamente uguale a quanto avvenuto per gli immediati predecessori. I motivi dell’ascesa del quartetto, il suo staccarsi dalla dimensione underground, risiede nell’incanalarsi in una corrente di pensiero che ha trovato i favori di un pubblico ampio, non per forza affezionato all’heavy metal o all’hard rock puri.
Così, tramite un songwriting comunque attento, calibrato, mai sotto una certa soglia di decoro e grazie a melodie bene o male sempre piuttosto indovinate, i Lucifer, pur senza scrivere pezzi clamorosi, si sono issati in una fascia medio-alta della scena contemporanea, almeno per quanto riguarda il responso degli ascoltatori.
Tutto questo per dire che “Lucifer V” non va tanto lontano da ciò che è stato prodotto negli scorsi anni e ripropone una ricetta sonora pressoché invariata, nella quale si possono apprezzare pregi noti, come limiti ormai connaturati nella natura stessa del progetto: sono né più né meno che una compagine di hard rock settantiano, con qualche postilla di atmosfere più plumbee a variare le tonalità e una cantante di spessore e dal timbro riconoscibile a colorare le singole canzoni.
Dopo la parentesi più cupa dell’esordio, la Sadonis e i suoi compagni d’avventura si sono assestati in un canovaccio ben preciso e al suo interno hanno cercato di scrivere trame grosso modo prevedibili, cercando di volta in volta di aumentare o diminuire la luminosità del suono. In buona sostanza, a seconda che preferiate qualcosa di più oscuro e malinconico, oppure di solare e vivace, avrete il vostro indice di gradimento del Lucifer-pensiero.
“Lucifer V”, dopo qualche perplessità iniziale dovuta all’approccio oramai molto soft e ben poco arrembante della band, si fa ascoltare molto volentieri, proprio per la sua capacità di esporre concetti semplici, facciamo pure abusati, con una buona ispirazione e sufficiente acume per non cadere nello scontato. Richiamando quanto detto poche righe sopra, la componente di oscurità non è per fortuna così secondaria nella tracklist, contribuendo a regalarci un disco sempre più convincente col procedere degli ascolti.
Detto che non ci sono buchi clamorosi nei nove brani in scaletta, sono diversi gli episodi che richiamano all’ascolto una volta arrivati in fondo. I rigurgiti di gotico e maligno di “At The Mortuary”, con la Sadonis a riprendere vocalizzi più torbidi, all’interno di un quadro comunque crepitante vivace hard rock, sono un buon segnale di salute. Il secondo singolo estratto dall’album, “Slow Dance In A Crypt”, si dipana sinuoso seguendo un’atmosfera da jazz club, con le note di pianoforte e i toni melliflui della Sadonis a tenere banco; seppur molto lineari e senza grandi sviluppi, pezzi di semplice rock’n’roll “A Coffin Has No Silver Lining” e “Strange Sister” scorrono via bene, innervati quanto basta da cori e melodie facilissime ma ben congegnate.
Mentre sono ancora scampoli di incantesimi di strega a dare slancio a un brano venato di pigrezze blues e ritmo zeppeliniano come “The Dead Don’t Speak”, moderatamente trascinante e graffiante, pur veleggiando nella leggerezza come il resto della tracklist. Ascolto disimpegnato, divertente e mai noioso, “Lucifer V” rappresenta la frangia più frivola del cosiddetto occult rock: sicuramente questa corrente ha regalato dischi più significativi, ma la sua versione più scarna e ‘popolare’ data dai Lucifer non deve vergognarsi di esistere.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM