Può una voce, da sola, smuovere e illuminare un intero ascolto? Kwayedza Kureya, in arte KWAYE, nato in Zimbabwe e cresciuto in Inghilterra, ne possiede una davvero suggestiva, con la quale toccare tutte le corde dell’espressione umana. Le sue esibizioni dal vivo sono incredibili, raramente s’incontra un vocalist così a proprio agio – del resto il talento è di famiglia: sua sorella maggiore è la scatenata e coinvolgente Shingai Shoniwa, un tempo leader del trio indie-rock Noisettes.
Ma il percorso discografico di KWAYE non è stato facile; dopo un paio di ottimi Ep (su queste pagine avevamo trattato “Love & Affliction”, datato 2018), l’autore si è separato da ogni ingerenza manageriale per fare le cose in proprio. Troppo testardo e informato sui trabocchetti dell’industria, ma anche troppo sgargiante e apertamente queer per modellarsi anonimamente alle regole dello streaming, a momenti KWAYE ricorda quasi Prince, tanto è assorbito dalla cura attorno alla propria arte e al modo col quale intende presentarla senza interferenze.
Certo, rilasciare un debutto sulla lunga distanza senza grandi strombazzamenti proprio il 22 dicembre, sotto le feste natalizie e a classifiche di fine anno ormai chiuse ovunque, è un vero suicidio mediatico. Ma, come da titolo, KWAYE è in missione per conto di sé stesso: la metafora dell’imparare a nuotare è un modo per sconfiggere l’ansia e lasciarsi trasportare finalmente dal flusso della vita, ovunque esso lo porti. Era dunque importante per l’autore chiudere il 2023 con un trionfo personale, che merita attenzione anche se non conquisterà le prime pagine dei giornali.
Che poi “Learning To Swim” è un album efficace già alla prima, scritto con un sapiente piglio melodico, a cavallo tra la sacralità del gospel e il minimalismo del soul post-moderno di Frank Ocean, e percorso da una produzione semplice e nervosa, che mescola tastiere e drum machine a tocchi di piano e chitarra.
Apre l’ascolto il roboante singolo “Run”, attraversato da bordate sintetiche, bassi profondi e una voce che si dispiega in totale libertà: leggera come aria, poi vibrante, imbizzarrita e tenebrosa nello scatto ritmico del ritornello, un brano d’azzardo nel quale esprimere il contrasto tra paura e risoluzione.
C’è poi indubbia sensualità nello spedito andazzo funk di “Red Light” e nei suadenti ritmi afro-house di “Moses” e “Be Easy”, mentre i suoi “Blue Days” e l’amara realizzazione di “Pendulum” appaiono comunque venati da una scanzonata autoironia.
Con pochi tratti di ruvida chitarra folk e filamenti elettronici in sottofondo, “High And Low” è un limpido esempio di ballata tenuta a freno per donarsi con calibrato trasporto attraverso gli alti e bassi della vita. Ma KWAYE non ha certo paura di rimanere scoperto: eccolo avvolto da un pulviscolo d’archi nell’eterea solidutine di “Love Gone”, poi ancor più a nudo nelle stratificazioni a cappella di “Hoverboard”, degna di certi esperimenti di Imogen Heap. Infine, lo troviamo statuario e immobile accanto al piano, in un’elegiaca interpretazione cameristica di “Fool’s Gold” semplicemente da brividi, quel falsetto angelico sorvola ogni dolore.
È proprio l’esortazione di “Swim For Me” a chiudere profeticamente l’ascolto: un’emotiva preghiera dal lento dispiego sinfonico, con crescenti coltri di chitarre gaze e sibili digitali, il perfetto accompagnameto per aiutare l’autore in dialogo col proprio “io” a uscire dal labirinto e lasciarsi naufragare, certo ancora titubante, ma finalmente deciso a prendere in mano le redini del futuro:
Mi ha detto: “Se non sai nuotare, perché ti stai gettando in acqua?”
Gli ho risposto: “E’ per i miei padri e le mie madri”
Sto imparando a nuotare per me stesso
Il mio corpo all’acqua
Un piede nell’oceano
Sarò coraggioso
03/01/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM
