Ha fatto dell’essere controcorrente uno stile di vita. Quest’anno torna a Sanremo con un brano, Pazza, che mostra una Loredana Bertè che (forse) ha fatto pace con se stessa. La relazione con il Festival non è però stata delle più felici, per lei. Quest’anno sarà l’edizione della rivalsa? Glielo auguriamo. Nel frattempo ecco la top 10 delle sue esibizioni all’Ariston.
Pippo Baudo vuole Loredana al festival e lei risponde alla chiamata con un brano di ispirazione funk. E il verso cult “in Paradiso non arrivo e l’inferno è suggestivo”. La cattiva ragazza della musica italiana non sfonda e il brano arriva quasi ultimo. In realtà non se lo ricorda quasi nessuno, ma forse andrebbe rivalutato, se non altro per la matrice autobiografica ispirato – come scrisse la stessa Bertè su Facebook – alle visioni di altre realtà. Vince Giorgia con Come saprei.
Torna in gara con un brano scritto da Pino Daniele dopo tre anni di assenza dalla discografia per le turbolente magagne legate al matrimonio col tennista Björn Borg. Si classifica diciottesima nell’edizione in cui trionfa Se stiamo insieme di Riccardo Cocciante e Renato Zero arriva secondo con Spalle al muro. La voce a tratti urlata forse non si sposa bene con le melodie dell’autore. Ma è pur sempre la Bertè che canta Daniele, nonostante la canzone non sia di impatto immediato.
A Sanremo 1988 arriva sedicesima. Il ritornello è orecchiabile e parte subito a schiaffo. È l’anno in cui il festival si ferma per seguire le imprese di Alberto Tomba alle Olimpiadi di Calgary dove vince la medaglia d’oro. Tornano i temi cari a Bertè (“io sono il mio migliore amico che ho”). Gli outfit sono tutti a tema tricolore. E nella finale esplode in un vestitino verde, bianco e rosso. Vince Massimo Ranieri con Perdere l’amore. Curiosamente quell’anno c’è pure Franco Califano in gara con un pezzo dal titolo praticamente uguale a quello di Bertè: Io (per le strade di quartiere).
Il primo festival che vede la Bertè in gara non poteva che essere nel segno della trasgressione. Si presenta, infatti, con il pancione e due ballerine anche loro fintamente incinte. Ballano su una coreografia di Franco Miseria. Il pezzo scritto dai fratelli Mango si piazza solo nono. Ovviamente, come consuetudine, Loredana ha un obiettivo: in questo caso intende strappare la gravidanza dagli stereotipi. A trionfare è Eros Ramazzotti con Adesso tu.
A cinque anni di distanza dall’ultima partecipazione, Bertè torna all’Ariston con un pezzo non particolarmente amato dall’artista come lei stessa ha ammesso. È una canzone struggente e l’interpretazione fa stringere il cuore soprattutto quando intona “dimmi che mi ami almeno un po’, quel po’ che si può dire per non morire” con i suoi capelli lunghi e lo sguardo profondo. Arriva quartultima nell’anno in cui trionfa il Messaggio d’amore dei Matia Bazar.
Mia Martini e Loredana Bertè, insieme, al servizio di un gran bel pezzo scritto dalla stessa Bertè con Maurizio Piccoli. Tutti pensavano che a dividere il palco con lei ci sarebbe stata Patty Pravo. Invece ecco spuntare la voce inconfondibile di Mia Martini. L’amalgama di voci regala un’interpretazione dolorosa e colorita al tempo stesso. Nonostante ci siano canzoni in concorso che finiranno nel dimenticatoio, le sorelle arrivano penultime. Uno dei grandi punti interrogativi di quel festival che incorona Enrico Ruggeri e Mistero.
“Sono sola a casa mia che mi faccio compagnia”: inizia così il pezzo-manifesto della vita della Bertè. Sorta di evoluzione di Io, ma con un sound anni ’90, mostra le difficoltà di Loredana e la visione che i media danno su di lei (“È opinione generale / Quella che non so cantare / E che vesto sempre male / Per la stampa nazionale / Mi suicido per campare / Come sponsor l’ospedale”). La canzone (prodotta da Fonopoli di Renato Zero) arriva alla posizione 13 l’anno in cui vince Passerà di Aleandro Baldi.
Un canto alla Luna, un urlo disperato purtroppo censurato nell’incipit che appare depotenziato: da “e vaffanculo Luna” si trasforma nel blando “occhiali neri Luna”. È un grido di dolore provocato dalla perdita di una persona cara, probabilmente si tratta della sorella Mia Martini venuta a mancare due anni prima. Il pezzo avrebbe meritato di più rispetto allo scandaloso ultimo posto della classifica finale. Quell’anno vinsero i Jalisse con Fiumi di parole.
Loredana Bertè arriva a Sanremo per vincere dopo il rilancio datole dalla tv e da programmi come Music Farm (condotto proprio da Amadeus). Lo fa con una hit firmata da Alberto Radius e Oscar Avogadro. Occhiali scuri, tono incazzato, voce graffiante e un testo contro le brutture del pianeta. Peccato il brano risulti molto simile a un pezzo firmato dai due autori anni prima e viene eliminato. Alla Bertè, però, è concesso di esibirsi alla finale con l’amica Ivana Spagna. Si presenta con le manette ai polsi in segno di protesta, annunciando il ritiro dalla discografia. La canzone si è comunque portata a casa il Premio della Sala Stampa Radio e TV. L’edizione non brilla a livello di audience ed è vinta dal dimenticabile Colpo di fulmine di Giò Di Tonno e Lola Ponce.
Cosa ti aspetti da me
2019
In quell’edizione, vinta da Mahmood con Soldi, i big avevano schierato l’artiglieria pesante, ma almeno il podio Bertè, con i suoi capelli blu, se lo sarebbe meritato. Anche alla luce del fatto che, nel 2012, quando si presentò con Gigi D’Alessio e il brano Respirare, fu fatta fuori last minute dal trio dei finalisti per l’assegnazione della golden share della Sala Stampa. Cosa ti aspetti da me è una canzone pazzesca, ma arriva quarta. Le cronache dipingono una Bertè giustamente amareggiata. Claudio Baglioni, direttore artistico di quell’anno, le assegna un premio speciale del pubblico dell’Ariston che, pare, non sia stato mai ritirato.
Antonio Santini for SANREMO.FM