«Come mai non ci hanno arrestati?». A un certo punto del documentario Kissing Gorbaciov, proiettato in anteprima ieri al Festival dei Popoli e dal 24 novembre nei cinema, la domanda nasce spontanea non solo per lo spettatore, ma per gli stessi protagonisti della vicenda narrata. «Non si sa», risponde qualcuno, e non esiste altra risposta possibile, in effetti: osservando Annarella, in una giornata del marzo 1989, vestita da matrioska, muoversi con il savoir-faire di una diva e lasciar pian piano cadere gli strati del suo costume davanti alla Cattedrale di San Basilio, nella piazza Rossa di Mosca, viene da pensare sia stato davvero un miracolo che lei e gli altri CCCP non siano finiti in carcere.
Eppure è andata così: all’epoca in quella piazza non si poteva nemmeno accendere una sigaretta, ma la caduta del Muro di Berlino cui si sarebbe approdati una manciata di mesi dopo era probabilmente nell’aria. In Unione Sovietica il segretario del Partito Comunista Michail Gorbaciov aveva da tempo avviato la perestrojka e il desiderio di una nuova modernità liberal-democratica era forte in tutta la federazione. Così “la benemerita soubrette” e i soci Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni e Danilo Fatur, ossia la prima formazione dei CCCP – Fedeli alla linea, riuscirono sorprendentemente a realizzare il sogno della fine che Ferretti e Zamboni avevano profetizzato qualche anno prima, quando si erano ripromessi di suonare fino a quando non avrebbero fatto un concerto a Mosca.
Chi poteva immaginare che sarebbe accaduto sul serio? Kissing Gorbaciov racconta proprio come sia stato possibile, ripercorrendo l’assurda quanto significativa vicenda di uno scambio culturale tra Italia e URSS promosso dall’Arci Nova Pugliese e dalla giunta comunale di Melpignano, paesino del Salento governato all’epoca da una lista di giovani intraprendenti sostenuta dal PCI. Scambio culturale approvato nientemeno che dallo stesso Gorbaciov e tradottosi in un festival rock, Le Idi di Marzo: un evento che il 23 e il 24 luglio 1988 portò per la prima volta in Italia gruppi del blocco comunista come i russi Sekret, New Collection, Igre e Televizor, gli estoni Justament e gli sloveni Demolition Group, per farli avvicendare sul palco con una schiera di band italiane, dai Mista & Missis ai Downtowners ai Circo Braille, fino ai più noti Litfiba e CCCP. Non solo: nel marzo 1989 l’iniziativa vide gli stessi CCCP, Litfiba e Mista & Missis, più i Rats, sbarcare in Urss, prima a Mosca, poi a Leningrado.
Prodotto da SMK Factory in collaborazione con AAMOD – Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, e diretto da Andrea Paco Mariani e Luigi D’Alife, il film di quel doppio tour ricostruisce sia la tranche italiana, sia quella sovietica, con un riuscito intreccio di immagini di repertorio, materiale d’archivio, riprese e interviste fatte ad hoc a protagonisti e testimoni oculari, restituendoci il ritratto di un’avventura musicale che oggi ha dell’incredibile. Il tutto, giustamente, dal punto di vista di Ferretti e compagni, ossia la band che partendo dal no future del punk aveva avuto l’ardire di contrapporre alla plastica delle società consumistiche dell’Ovest il cemento e l’acciaio dell’Est, e che aveva temerariamente e provocatoriamente denunciato il “produci consuma crepa” dell’ideologia capitalistica occidentale guardando a ciò che stava dall’altra parte della cortina di ferro, un impero sovietico pronto al collasso e alla dissoluzione, ma sorto da grandi ideali.
Frutto anche di un crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso che ha permesso di raccogliere quasi 23 mila euro da più di 600 sostenitori, Kissing Gorbaciov risulta, allora, particolarmente interessante perché mostra il cortocircuito innescatosi nell’istante in cui i CCCP, nati a inizio anni ’80 tra la Berlino ancora divisa dal Muro e l’Emilia rossa, si ritrovano a suonare A ja ljublju SSSR, brano scritto sulle note dell’inno sovietico, davanti a un gruppo di militari dell’Armata Rossa precettati per l’occasione, che a un certo punto si alzano in piedi mettendosi sull’attenti. Fu l’inizio della fine che avrebbe condotto all’avvento dei CSI, fine di cui il documentario parla nella seconda parte, quella dedicata al viaggio in treno da Mosca a Leningrado, città più aperta e vivace, dove, come osserva davanti alle telecamere la giornalista Alba Solaro che seguì quella strampalata missione, «tutto era possibile, era un momento di grande entusiasmo, di grande energia» e «i ragazzi erano già pronti alla possibilità e alla voglia di cambiare, però con questa grandissima contraddizione di vedere nel capitalismo la libertà».
Fu in quei giorni che, oltre a esibirsi in un neonato Rock Club, simbolo di rinascita da un lungo periodo in cui in URSS il rock’n’roll era stato censurato, l’intera discografia era dipesa dall’etichetta di Stato Melodija e la musica straniera era stata importata clandestinamente, Ferretti e Zamboni ebbero modo di fare amicizia con i Litfiba. In particolare con Gianni Maroccolo, incontro fondamentale per la successiva fase CSI, ma ancor prima per la genesi di Epica Etica Etnica Pathos, l’ultimo album targato CCCP, nonché il prologo di ciò che sarebbe venuto dopo, essendo stato realizzato con una line-up allargata comprendente alcuni fuoriusciti da giro Litfiba, appunto: il succitato Maroccolo al basso, il tastierista Francesco Magnelli, il batterista Ringo De Palma e il chitarrista Giorgio Canali.
Kissing Gorbaciov ci fa rivivere tutto questo in 97 minuti di immagini che, mettendo al centro la scommessa lanciata dal basso (e vinta) da alcuni amministratori locali salentini (uno di loro, Sergio Blasi, avrebbe in seguito dato vita alla Notte della Taranta), hanno il merito di tratteggiare un periodo di transizione nella Storia con la maiuscola – periodo coincidente con la fine della Guerra fredda e l’inizio della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta successivamente – attraverso le storie con la minuscola (in senso lato) di alcuni musicisti che nel mezzo di quei capovolgimenti geopolitici finirono per “diventare grandi”.
Il bello è che riprendendo in mano quegli avvenimenti i registi Mariani e D’Alife hanno inaspettatamente agito sulla realtà e riacceso micce, arrivando a risvegliare la cellula dormiente dei primi CCCP, come spiegato da Ferretti a Rolling Stone già nell’autunno 2022. Le celebrazioni del 40esimo anniversario di Ortodossia – primo EP della band – coincise con i due gran gala punkettoni di ottobre e con la mostra Felicitazioni! CCCP Fedeli alla linea 1984-2024 ai Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia fino al prossimo 11 febbraio, sono il frutto di un suo riavvicinamento a Zamboni avvenuto proprio per soddisfare la richiesta di partecipare a Kissing Gorbaciov.
Non si sa cos’altro ci riserverà il futuro ed è difficile dire se una vera e propria reunion sarebbe auspicabile, ma, per chi era al Teatro Valli di Reggio qualche settimana fa, vedere il reduce Ferretti attaccare Amandoti su una tonalità sbagliata, voltarsi verso Zamboni alla ricerca di uno sguardo amico, trovare un abbraccio e tornare al microfono per incantarci tutti, è stata «un’emozione indefinibile», parole non casuali.
Questo documentario aggiunge un ulteriore tassello all’epopea di quel gruppo che, lungi dall’essere solo musicale, ha saputo fondere più linguaggi con un anelito avanguardistico e una verve situazionista oggi inimmaginabili. Lo fa ampliando l’inquadratura per dare voce al contesto in cui quel mix esplosivo prese forma e costringendoci così a fare i conti con i mutamenti del tempo, sbattendoci in faccia la complessità e le contraddizioni del mondo in cui viviamo, spingendoci alla riflessione, strappando sorrisi (Pelù col colbacco di visone). Gli elementi perché diventi un piccolo cult ci sono tutti.