Anche quest’anno a Cormòns, dal 26 al 29 ottobre, si svolge Jazz & Wine Of Peace, un rodato evento che da sempre unisce jazz di qualità e enogastronomia del territorio. Di jazz e dei suoi protagonisti, ma anche di jazz rock e prog, con l’ottima scusa dello spettacolo Patrizio Fariselli Plays Area, abbiamo parlato con Mauro Bardusco, storico direttore artistico dell’evento e grande appassionato di musica. Assieme a lui abbiamo ripercorso il meglio delle passate edizioni e il presente del festival transfrontaliero giunto quest’anno alla ventiseiesima edizione.
Jazz & Wine Of Peace ha ormai una tradizione che copre oltre due decenni, un lungo periodo che ha visto presenti al festival alcuni calibri mondiali del jazz. Se dovessi tracciare un filo rosso tra i protagonisti più importanti delle passate edizioni, e quelli che hai amato di più, come lo introdurresti?
Sul palco di Jazz & Wine Of Peace sono passati musicisti che hanno fatto la storia del jazz, europeo e mondiale, da Dave Brubeck a Dave Holland, da McCoy Tyner a Charles Lloyd, da Jan Garbarek a John Surman, da Joe Zawinul a John McLaughlin, da John Scofield a Bill Frisell, da Randy Weston a Charlie Mariano, dagli Oregon ad Archie Shepp, e potrei continuare a lungo. Alcuni sono musicisti che ho amato e amo sinceramente, altri ammirato per quello che rappresentano nell’ambito della storia del jazz.
Ci racconti quali concerti ti hanno emozionato di più finora? E che ruolo hanno avuto le location nel valorizzarne la bontà? Cosa ti cattura d’istinto di una performance jazz?
Mi cattura la capacità del musicista di emozionare e coinvolgere l’ascoltatore, e questo lo può fare solo se suona con il cuore, non basta la tecnica. Abbiamo visto molti nomi importanti fare prestazioni di routine…
Concerti che mi hanno emozionato di più? Una splendida ottantasettenne Sheila Jordan nell’intima sala della Tenuta di Villanova di Farra in duo con il contrabbassista Cameron Brown. Un novantatreenne in grande forma alla guida della Sun Ra Arkestra (Marshall Allen, nel maggio del prossimo anno compirà 100 anni, ancora in attività!). Tranquillo, Jazz & Wine non è solo un festival… geriatrico! Prendi, ad esempio, il norvegese Frode Haltli. E qui lo splendido scenario dell’Abbazia di Rosazzo è stato determinante. Parte dei musicisti hanno suonato camminando in giro per la chiesa amalgamandosi con il pubblico per poi riunirsi tutti per il gran finale attorno all’organo della chiesa. Indimenticabile!
Il quartetto del mistico e ieratico Charles Lloyd con John Abercrombie alla chitarra mi ha anche molto colpito. Ma c’è spazio anche per gli italiani! Pipe Dream (Giorgio Pacorig, Filippo Vignato, Pasquale Mirra, Zeno De Rossi) con dietro il palco la vetrata oltre cui si può ammirare lo splendido parco di Villa Attems Cernozza De Postcastro di Lucinico (Gorizia). Quando l’ospite americano, il violoncellista Hank Roberts, ha cantato il bis, ho visto molti occhi arrossati, compresi i miei.
E perché no, la suite Audaci Coraggiosi (nel Kulturni Dom di Nova Gorica, Slovenia) di un sorprendente Zlatko Kaučič. Dico sorprendente perché nell’occasione si è limitato a comporre, arrangiare e dirigere la nutrita band in modo decisamente originale. Come percussionista, si sa, Zlatko è uno dei più fantasiosi del mondo. Ma il mio giudizio potrebbe essere influenzato dalla lunga amicizia che mi lega a lui. Ricordo con piacere anche la performance improvvisata ed imprevista degli austriaci Saxofour all’aperto davanti al teatro di Cormòns mentre la gente entrava. Una simpatica sorpresa! Ci sarebbe da elencare molti altri concerti, ma credo che sia tempo di fermarmi…
La nuova edizione del festival propone 18 concerti di cui abbiamo parlato in una sezione dedicata, c’è qualcuno di questi artisti che stai inseguendo da un po’ e solo ora sei riuscito a portare a Cormòns? Quali sono i progetti che ti hanno colpito di più?
Ci sono molti artisti che non sono mai riuscito a portare, qualcuno perché aveva un cachet impossibile per noi, come per esempio Keith Jarrett. Ma quest’anno un Jarrett l’ho portato! Che poi sia Chris, il fratello di nove anni più giovane di Keith, beh, non guardiamo il pelo nell’uovo! E’ molto bravo anche se poco conosciuto. Qualcuno non ho potuto portarlo perché indisponibile per motivi di salute (un esempio è il mio sogno: Robert Wyatt).
Ma parliamo dei musicisti di quest’anno. Direi di no, nessuno di questi li ho inseguiti da tempo, ma sono contento della disponibilità di molti di loro di essere presenti nelle date del festival. Per il prossimo anno ho già contattato un grande gruppo storico prog-blues-rock-jazz ancora in grandissima forma ed in grado di entusiasmare il pubblico. Suona pochissimo in Italia. Ma non chiedermi di svelare questo mio sogno!
Per gli amanti del jazz contaminato e del rock sperimentale Patrizio Fariselli propone un omaggio ad un album di culto assoluto, Arbeit Macht Frei. Che rapporto hai con il jazz rock e il prog italiani? Se dovessi stendere una piccola classifica dei tuoi album preferiti? Anche senza distinzioni di territorio
Questa è una delle domande più gradite che mi sono mai state rivolte! Io sono cresciuto a caffelatte e prog! (e mettiamoci pure il basket). Per poi aggiungere, appena scoperto, il jazz rock (che poi mi ha condotto al jazz vero e proprio). Per restare in ambito italiano, Collage delle Orme è stato forse il disco che mi ha spinto verso il prog ed è da considerarsi come il primo disco italiano realmente di quel genere. Storia di un Minuto PFM, L’Uomo degli Osanna, Concerto Grosso dei New Trolls, Caronte dei Trip, Dolce Acqua dei Delirium, il primo disco del Banco del Mutuo Soccorso, sono questi i primi capolavori del prog italiano nei meravigliosi anni di grazia 1971-1972.
Per quanto riguarda il jazz rock italiano nel 1972 la grande scoperta del Perigeo con Azimut e nel 1973 la sconvolgente scoperta degli Area con, appunto, Arbeit Macht Frei. Però il jazz rock è solo una delle componenti del gruppo di Fariselli. Uscito nel 1973 anche il sorprendente e poco conosciuto Sway di Sante Palumbo. Il gruppo è formato da tutti jazzisti ma si può considerare (anche se c’è un po’ di free) senz’altro jazz rock, e di altissimo livello! Poi ci sarebbe da parlare anche di altri gruppi, alcuni dei quali sconosciuti, ma non vorrei rubare troppo spazio.
Una classifica dei miei album preferiti è difficilissima da fare e poi sono sicuro che che una volta fatta mi verrà voglia di rifarla. Comunque così di getto, secondo i miei personalissimi gusti, dettati anche da motivi sentimentali, e limitandomi ad un solo album per gruppo (per non fare una lista infinita, soprattutto con Soft Machine, Nucleus, King Crimson, Gentle Giant)
1. Islands (King Crimson)
2. Solar Plexus (Ian Carr’s Nucleus)
3. 5 (Soft Machine)
4. Collage (Le Orme)
5. Grave New World (Strawbs)
6. Aqualung (Jethro Tull)
7. Octopus (Gentle Giant)
8. I Sing The Body Electric (Weather Report)
9. The Inner Mounting Flame (Mahavishnu Orchestra)
10. Broken Barricades (Procol Harum)
11. Colosseum Live (Colosseum)
12. Arbeit Macht Frei (Area)
13. Emerson, Lake & Palmer (Emerson, Lake & Palmer)
14. Elegy (Nice)
15. Pawn Hearts (Van Der Graaf Generator)
Non ti ho domandato nulla sulla parte enogastronomica del festival, componente comprimaria nella sua ideazione, se dovessi farmi da Cicerone nel raccontarmi il festival da questa angolazione come me lo racconteresti?
Mi dispiace, non sono la persona adatta a rispondere a questa domanda, mi occupo solo della parte musicale. Posso solo dirti che il mio rating è di 5 stelle per quanto riguarda il vino ed il cibo che si degusta al festival!
Daniel D`Amico for SANREMO.FM