voto
8.0
- Band:
IRON FIRMAMENT - Durata: 00:44:10
- Disponibile dal: 05/01/2024
- Etichetta:
- Wergild
Spotify non ancora disponibile
Apple Music non ancora disponibile
Il progetto Iron Firmament pare nato l’anno scorso, con due demo di notevole fattura pubblicati a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, nella seconda metà del 2023. Evidentemente, questa misteriosa realtà californiana sente di avere parecchio da dire e non ama perdere tempo, visto che in questi primi giorni di gennaio 2024 siamo già al cospetto di un vero e proprio (omonimo) album, i cui titoli rimandano a un immaginario antico e arcano, che ispira mari o paesaggi con un’anima millenaria, capaci di sussurrare ai loro viandanti storie di onde prorompenti, mistici santuari, borghi diroccati.
L’etichetta ‘raw’ black metal sembra talvolta andare stretta al gruppo, il quale si affida sì a una resa sonora piuttosto cruda e slabbrata, riuscendo tuttavia a costruire un ambiente alquanto suggestivo e strutturato, mai gratuitamente caotico e sfrangiato, spesso sospeso in atmosfere di languida introspezione.
L’ispirazione principale, a livello prettamente musicale, sembra derivare dalle vecchie opere dei connazionali Judas Iscariot, così come, ovviamente, da certi capisaldi norvegesi, ma il disco sa imporsi all’attenzione dell’ascoltatore per una sua precisa impronta stilistica, basata essenzialmente sulla dualità ferocia e tristezza, euforia e malinconia, elettrico e acustico. Il ‘gioco’, comunque, non è semplicemente riducibile alla scissione o al dialogo tra i due lati, anzi. La chiave va cercata nelle singole sfumature, nell’andamento intricato del filo musicale, che, a dispetto della produzione senza fronzoli, risulta ampio, strutturato e comunque altamente coerente.
Bastano pochi ascolti per realizzare che “Iron Firmament”, al di là del suo impatto crudo, sia davvero un sentiero ispirato, sinuoso, ricco e, a tratti, imprevedibile. L’alternanza fra ruvidi uptempo e derive acustiche dal vago sapore medievale ci porta ad immaginare ora profondità vertiginose, cunicoli ignoti e angoscianti, ora cavità e rifugi più caldi e rassicuranti, il tutto senza mai avere la completa certezza di cosa arriverà dopo. Questa sorta di insondabilità che porta a sperimentare vari stati d’animo con la stessa intensa immersione è un grande pregio del disco, che fa propria l’estetica dell’alternanza e lo scandaglio degli stati umorali più disparati, affidandosi a riff e a melodie limpidi e di facile presa.
Si sente spesso il bisogno di districarsi tra gli inquietanti rovi che ostacolano questo oscuro cammino e ciò è sostanzialmente il bello di questa prima prova sulla lunga distanza degli Iron Firmament, qui abilissimi nell’allestire una sorta di fiaba dai toni neri e spettrali, dove le trame musicali sanno emergere con una spinta evocativa, bucando quella coltre di nebbia rappresentata dalla zanzarosità delle chitarre.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM