Quante vite ha vissuto Jimmy Page? Difficile dirlo, anche ora che ha tagliato il traguardo degli 80 anni e può sembrare forse più semplice tracciarne il percorso umano e artistico. Dopo essere stato il session man più richiesto degli anni ’60 e aver contribuito ad alcuni degli album più importanti del decennio, Page si trasformò definitivamente in farfalla con i Led Zeppelin, dominando di fatto la scena rock sono alla scomparsa di John Bonham. Nei decenni successivi è quasi sparito, ma il suo spirito e talvolta il suo estro hanno continuato ad ispirare chiunque abbia deciso di prendere in mano una sei corde. Al pari forse solo di Jimi Hendrix, con l’aggiunta di aver sempre curato le proprie composizioni dall’inizio alla fine, produzione compresa.
Con ancora negli occhi il suo ennesimo ritorno a sorpresa alle recenti induzioni nella Rock and Roll Hall of Fame e sperando di rivederlo finalmente all’opera con qualcosa di inedito, abbiamo deciso di fargli gli auguri con una carrellata di episodi in grado di metterne in luce le mille sfaccettature e le peculiarità che l’hanno reso uno dei musicisti più iconici del Novecento.
Jimmy factotum in ‘She Just Satisfies’
1965
La fama di Jimmy Page maniaco del controllo su ogni fase della lavorazione di un brano nasce con l’avvento dei Led Zeppelin. Eppure, che a Page piacesse fare le cose a modo suo si poteva già intuire alcuni anni prima dell’incontro con Plant, Jones e Bonham. Siamo nel 1965 e la Fontana mette sotto contratto il giovane Page commissionandogli un 45 giri. Già abilissimo non solo come chitarrista, Jimmy decide di fare tutto da solo, producendo, suonando tutti gli strumenti e addirittura cantando, per la prima e unica volta nel corso della sua carriera. Il risultato è un pezzo che si inserisce alla perfezione nella tradizione beat dell’epoca, godibile anche se di certo non innovativo.
La chitarra in ‘With a Little Help from My Friends’ di Joe Cocker
1969
Nel 1968 Jimmy Page ha da poco concluso l’avventura con gli Yardbirds, che si sono tramutati in modo quasi naturale nella sua nuova creatura, la prima dove poter avere il controllo di ogni aspetto della propria musica: i Led Zeppelin. È in questo clima di totale libertà creativa e voglia di esplorare nuovi mondi che Jimmy paradossalmente dà vita ad una delle sua cose migliori da session man: la collaborazione con Joe Cocker sull’album With a Little Help from My Friends. Pur suonando su cinque tracce del disco, quello che darà la celebrità a Cocker sarà proprio il lavoro svolto per la cover dei Beatles. Un arrangiamento completamente diverso da quello dei Fab Four, che logicamente puntava sulle caratteristiche vocali di Cocker e in cui la lancinante chitarra di Jimmy fa da contraltare perfetto al compagno, aumentando la drammaticità del tutto.
La produzione di ‘When The Levee Breaks’
1971
È vero, avremmo potuto usare uno qualsiasi dei brani degli Zep per mettere in luce le capacità di producer di Jimmy Page, avendo di fatto prodotto ogni traccia della band. È però ai tempi della realizzazione di Led Zeppelin IV che quella parte della sua perizia musicale raggiunge l’apice assoluto. Dalla scelta della location, la rurale Headley Grange, a quella della strumentazione fino al posizionamento folle per l’epoca dei microfoni per la batteria di John Bonham, tutto in questo disco suona perfetto. Tanto da sembrare pubblicato da qualche mese e non nel 1971. Per il brano conclusivo, la batteria fu spostata vicino a una scala dove furono posizionati, tra primo e secondo piano, diversi microfoni; con l’aggiunta di un effetto di riverbero, il suono ottenuto risultò totalmente inedito e fonte d’ispirazione per decenni.
Il riff esoterico di ‘Kashmir’
1975
Nel febbraio del 1975, dopo uno show tenuto a New York, Jimmy Page fece la conoscenza di William Burroughs. L’autore del Pasto nudo era accompagnato da un giornalista di Crawdaddy, rivista per cui Burroughs avrebbe scritto un articolo sui Led Zeppelin dal titolo “Rock Magic”. Non a caso, considerato che Page aveva maturato negli anni una passione verso le arti magiche e l’occulto diventata ormai di dominio pubblico. Burroughs non aveva mai visto i Led Zeppelin dal vivo e si era avvicinato da pochissimo alla loro musica, eppure fu in grado di dare una descrizione della loro musica e in particolare di Kashmir che nemmeno Page aveva considerato: «Presenta una qualche somiglianza con la musica da trance incontrata in Marocco. In Marocco i musicisti sono anche maghi. La musica Gnaoua viene usata per scacciare gli spiriti maligni, mentre quella Joujouka evoca il Dio Pan».
Gli arpeggi di ‘Carole’s Theme’
1982
Con una scelta atipica e dettata anche dalle precarie condizioni in cui si trovava all’inizio degli anni ’80, Jimmy Page si ripresentò al proprio pubblico nel 1982 con la colonna sonora del truculento Il giustiziere della notte 2. Un album nato sotto cattivi auspici che sarebbe finito presto nel dimenticatoio, ma che presenteva alcune chicche. Come Carole’s Theme, splendido strumentale posto a metà del disco, che da solo basterebbe a confermare l’opinione generale su Pagey: con il suo intro dolce di piano, che apre al preludio orchestrale della GLC Philarmonic, il brano si candida immediatamente a highlight dell’intero album, anche perché in grado di spezzare la tensione fino a lì accumulata nel corso dell’ascolto. L’ingresso di Page, intento in uno splendido arpeggio alla chitarra acustica dà il vero e proprio via al pezzo, per poi lasciare spazio a un crescendo in cui all’acustica fanno eco ancora il piano di David Sinclair Whittaker e la GLC Philarmonic. Sul finale, Page si lancia in quelle che sembrano improvvisazioni estemporanee che impreziosiscono un brano inspiegabilmente scomparso non solo dalla memoria collettiva, ma anche da quella di molti amanti dello Zeppelin.
L’assolo di ‘Don’t Leave Me This Way’
1993
Ok, molto probabilmente il progetto Coverdale-Page nacque per far ingelosire Robert Plant, ma è innegabile che contenesse alcune delle cose migliori fatte da Jimmy dai tempi degli Zep. È il caso di Don’t Leave Me This Way, ballatona in odore di Since I’ve Been Loving You capace di far tornare indietro le lancette dell’orologio di vent’anni ed ennesima dimostrazione che quando Page tornava al suo amore per il blues, tutto poteva accadere. L’assolo, in particolare, sembrava essere fatto apposta per subire le celeberrime infinite variazioni dal vivo che avevano caratterizzato proprio il brano tratto da Led Zeppelin III. Registrato in una sola take, con Page devastato dalla febbre a 40, resta forse l’ultimo grande solo della sua carriera da studio.
La world music ipnotica di ‘The Truth Explodes (Yallah)’
1994
La ricerca musicale di Page e Plant, iniziata alla fine degli anni ’60, si concluse idealmente nella metà degli anni ’90, quando i due ex Zeppelin si riunirono per quello che doveva essere un progetto estemporaneo e che invece finì per vederli protagonisti per il resto del decennio. I due non avevano mai nascosto la fascinazione per i suoni del Nord Africa e le decine di viaggi, insieme e in solitaria, ne erano la testimonianza più lampante. Forse non a caso, al momento di ritrovarsi per la serie Unplugged di MTV, i due decisero di fare di più, recuperando quelle radici e portandole al massimo compimento. Tra rivisitazioni del loro vecchio repertorio e nuove composizioni, la coppia raggiunse uno dei suoi apici. Come testimoniato splendidamente dal potere ipnotico di The Truth Explodes.
Gli spezzoni acustici di ‘It Might Get Loud’
2008
Nel 2008 il regista Davis Guggenheim mette insieme tre assi della chitarra, ognuno rappresentativo di un’epoca ben precisa della storia del rock. Inutile dire che Jimmy Page funga da elemento catalizzatore non solo per i fan dello strumento, ma in primis per The Edge e Jack White, gli altri protagonisti della pellicola. È commovente guardare due dei musicisti più importanti dei decenni precedenti osservare con un mix di timore reverenziale e idolatria colui che probabilmente aveva contribuito a far prendere loro in mano una chitarra. Tra i tanti momenti memorabili, di sicuro quelli in cui Jimmy improvvisa con l’acustica in alcuni dei luoghi più suggestivi della sua biografia di musicista. Quelli che speravano potessero trasformarsi in nuova musica dopo anni di silenzio rimasero delusi, ma ancora oggi restano spezzoni di pura magia zeppeliniana.
L’omaggio a Link Wray
2023
Jimmy Page non ha mai perso occasione per parlare del suo amore nei confronti di Link Wray, forse il chitarrista che più di altri l’aveva convinto a intraprendere la strada che l’avrebbe reso una leggenda. In It Might Get Loud si era anche reso protagonista di una delle sequenze più divertenti del documentario, facendo air guitar davanti alle telecamere dopo aver messo sul piatto il 45 giri originale di Rumble. Venticinque anni più tardi e dopo un’assenza più che decennale dal palco, Page ha deciso che era il momento di omaggiare nuovamente l’idolo, finalmente indotto nella Rock and Roll Hall of Fame. Un ritorno in pompa magna, accompagnato chiaramente dalla sua Gibson a doppio manico. La sua personale risposta ai ritorni di Beatles e Stones.
Antonio Santini for SANREMO.FM