Maneskin are back. La recensione di “RUSH! (Are U Coming?)” a cura di Alvise Salerno.
Un ritorno che ha il sapore della nostalgia, dell’amore ma anche della sofferenza ed è tutto qui questo comeback della band trasteverina con la riedizione di Rush!, denominata per l’occasione Rush! (Are U Coming) e che comprende 4 nuovi brani di zecca più la già famosa Honey, Are U Coming?.
Cinque brani, dunque, che vanno ad aggiungersi all’album manifesto dell’internazionalità totale raggiunta dai Maneskin in questi ultimi tre anni.
Ed è proprio da qui che si potrebbe partire per fare un sunto di queste cinque nuove canzoni, cioè dal desiderio di essere sempre più americani e sempre meno italiani.
Introduzione all’album, uno sguardo al futuro stantìo
Ascoltando i nuovi inediti è chiara l’intenzione di Damiano, Victoria, Thomas e Ethan di non volere più tornare ai tempi di Zitti e Buoni, di quando erano “fuori di testa” e “diversi da loro”.
Qualcuno potrebbe dire, e lo dirà, che non ci sia niente di male, che questa è la giusta evoluzione, che ormai quello è il passato.
Tutto giusto, se non fosse che basta dare uno sguardo, anche piccolo, ai social per capire che i fan di tutto il mondo vorrebbero ascoltare di nuovo Damiano cantare in italiano.
Questi nuovi brani hanno solo una spolverata di Italia nel titolo di una canzone, Trastevere. Titolo che, nel testo della canzone poi neanche c’è quindi la sensazione potrebbe essere quella del “vi diamo il contentino perché comunque siamo italiani”.
I brani sono perfetti, stilisticamente e tecnicamente, e rispettano tutti i canoni delle pubblicazioni americane di altissimo livello senza sbavature.
E’ questo il problema.
I Maneskin non devono essere perfetti, devono essere ruvidi come le dita di Thomas sulle corde e graffianti come la voce di Damiano. Devono essere aggressivi come Victoria al basso ed eleganti nella loro follia come Ethan alla batteria.
In questi cinque brani sembra di sentire una qualsiasi rock band che mira solo al consolidarsi nella comfort zone.
Sia chiaro un concetto: non c’è nulla di male, anzi. Ben venga se i ragazzi hanno trovato la loro quadra e la loro dimensione in questo stile, ma…
BRANO PER BRANO
Analizzando i brani nel dettaglio e in ordine di playlist si parte con Valentine, di certo la più riuscita del quartetto, la più particolare ed emotivamente coinvolgente.
La voce di Damiano parte piano per poi esplodere con forza e vigore, accompagnata dai suoi compagni in modo eccelso. Fin da subito, però, la comfort zone di cui abbiamo parlato prima, cioè quella di restare fedeli alla voglia di internazionalizzazione, acquisisce un nome e un cognome esattamente dal minuto 02:44 quando Valentine si trasforma in Fluorescent Adolescent degli Arctic Monkeys, in Minore però.
Il contenuto del brano, invece, verte sulla fine di un rapporto (che sia la storia finita tra Damiano e Giorgia?) e di come si soffre nel restare fermi su un passato che ormai non tornerà più.
Argomento trito e ritrito ma che, nella sua singolare forma, ognuno di noi ha vissuto e su cui ognuno di noi si può riconoscere. Damiano ha fatto centro.
Passando avanti troviamo Off My Face, un mix tra una qualsiasi canzone uptempo di Rush! e una dei Royal Blood. Anche qui, costruzione perfetta ma nessun quid, nessun colpo di coda.
Una di quelle canzoni che passano nel marasma del rock, riempiono ma nulla più rispetto alla media delle canzoni a cui i Maneskin ci hanno già abituati.
Tra l’altro inizia esattamente come iniziava I Wanna Be Your Slave, dunque autocitazione lampante ma fatta anche meglio se possibile perché, nel frattempo, ci sono due anni in più di esperienza.
Nel testo la sensazione è che si parli di droghe, di quanto possano ammaliarti con la loro intrinseca velenosità amorevole e di quanto, pur lasciandosi ammaliare, ci si renda conto di quanto possa fare male. Consapevolezza del malessere, in sintesi.
Il terzo brano della lista è The Driver, quello che a primo, secondo, terzo e quarto ascolto ho personalmente definito come un tributo ai Muse di Knight Of Cydonia.
Ascoltate la parte strumentale finale del brano dei Muse, datato 2006, e ascoltate il bridge di The Driver. Sì, un tributo.
All’interno del contesto di questi quattro inediti, delle quattro è di certo la più debole.
L’ultima del gruppo è la famosa Trastevere che ho citato prima, lo “spruzzo di italianità” per fare felici i fan nostrani e per scadere nel cliché che Laura Pausini gli aveva detto caldamente di evitare, cioè di dimenticare da dove vengono.
Siamo di fronte alla malinconia che la voce di Damiano riesce a incarnare alla perfezione.
I will cancel your name
From each one of my songs
Così recita un verso della canzone e già da qui si capisce il desiderio di andare avanti, di cancellare quel famoso passato restìo ad andarsene e che è stato raccontato in Valentine.
Giusto per continuare con il gioco spicciolo (ma neanche tanto) del citazionismo, in questo caso le atmosfere rimandano al 1999 e a quella Drive degli Incubus che, ancora oggi, resta un capolavoro del soft rock mondiale.
Tirando le somme, questa è una chiusura del cerchio ottima del quartetto di inediti che, di certo, farà felici i fan ma che, in linea di massima generale, poteva di certo regalare qualcosa in più.
La comfort zone fa bene, lo sappiamo tutti, ma ci sono casi e persone che fuori dalle quattro mura di casa loro rendono molto ma molto di più e i Maneskin sono tra queste.
Questo cerchio si chiuderà con la fine del tour mondiale che ha già registrato sold out pressoché ovunque in tutti i Continenti, dunque la speranza è che con l’apertura di un nuovo capitolo si possano aprire anche nuove porte sonore e che questa zona di comfort possa essere messa alle spalle.
BRANO MIGLIORE: Valentine
VOTO: 6/10
⭐⭐⭐⭐⭐⭐
MANESKIN RUSH (ARE U COMING?) TRACKLIST
- Honey (Are U Coming?)
- Valentine
- Off My Face
- The Driver
- Trastevere
- Own My Mind
- Gossip feat. Tom Morello
- Timezone
- Bla Bla Bla
- Baby Said
- Gasoline
- Feel
- Don’t Wanna Sleep
- Kool Kids
- If Not For You
- Read Your Diary
- Mark Chapman
- La Fine
- Il Dono Della Vita
- Mammamia
- Supermodel
- The Loneliest