voto
7.5
- Band:
HUMULUS - Durata: 00:43:17
- Disponibile dal: 10/11/2023
- Etichetta:
- Kozmik Artifactz
Tra le poche certezze nella vita di quasi tutti i metallari c’è sicuramente la birra che scorre a fiumi ai festival – e nelle nostre gole. Può quindi una band che porta il nome latino del luppolo deluderci? Ovviamente no.
Giunto al quarto full-length, il trio bergamasco conferma la barra a dritta sui mari di uno stoner rock dalla forte influenza psichedelica, ormai dotato di un sound ben individuabile e quasi completamente emancipato dai nomi più prevedibili come fonte d’ispirazione. Anzi, nell’inevitabile richiamo alle band che hanno contribuito a plasmare il loro universo sonico, ci pare abbiano allargato la rosa dei potenziali riferimenti a nomi come Sula Bassana in certi passaggi di chitarra e ai primi Queens Of The Stone Age nel crescente gusto melodico; mentre se pensiamo alle band da sempre a loro molto affini – vedi i Colour Haze, il cui leader Stefan Koglek è ospite in un brano – ci pare che i Nostri riescano a mostrare, al momento, maggior freschezza compositiva. L’ossatura possente della sezione ritmica lascia che le linee di basso di Giorgio lascino comunque spesso binari troppo obbligati verso passaggi lisergici, su cui la chitarra di Thomas non si tira indietro, anzi: non pochi momenti si configurano a tutti gli effetti come scorribande space rock, in cui gli Humulus riescono comunque con capacità a non perdere mai di vista la forma-canzone. Un risultato non da poco, in un alveo musicale ove spesso ai Fiori del luppolo si associano altre gustose cimette verdi, con il risultato di godersi trip sensazionali, ma con pochi distinguo tra un brano e un altro.
Tra gli apici del disco, sinceramente tutto godibile, citiamo “Secret Room”, che con il suo potente gusto settantiano offre un bello spaccato di tutto il repertorio che i tre portano in saccoccia e in dono a noi, compreso un esaltante crescendo da scapocciata sul finale. E poi, inevitabilmente anche solo a leggere titolo e durata, la conclusiva “Operating Manual For Spaceship Earth”; siamo persone semplice, appena sentiamo odore di Hawkwind ci trasformiamo in bimbi esaltati, e qui non si resta delusi: dieci minuti di cavalcata con il bel contrasto tra chitarra granitica e voce onirica, il giusto tasso di effetti e distorsioni che colpiscono direttamente il cervelletto, per una sorta di sintetica, ma godibilissima “25 Tab” made in Italy.
Ce n’è insomma per tutti i gusti e, proprio come il derivato più amato del luppolo, potete affrontare “Flowers Of Death” sorseggiandolo, oppure a sorsi intensi, o farlo decantare un po’: sicuramente vi darà rinfrescanti sensazioni.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM