Utilizzando un termine caro alla band di Massimo Zamboni, Giovanni Lindo Ferretti, Annarella Giudici e Danilo Fatur, potremmo definire quasi “epica” la mostra Felicitazioni! CCCP Fedeli alla linea 1984-2004, in programma ai Chiostri San Pietro di Reggio Emilia dal 12 ottobre 2023 all’11 febbraio 2024. Non si parla, infatti, di una banale collezione di memorabilia per inguaribili nostalgici di un’epoca ormai passata – certo, all’interno del percorso espositivo c’è spazio anche per questo genere di oggetti – ma di un concept creativo che vuole testimoniare nel modo più coinvolgente possibile una parabola musicale eroica, plasmata dalla Storia e divenuta Storia essa stessa.
A pensarci bene, si potrebbe quasi parlare di arte contemporanea senza per questo offendere nessuno, sviluppata in 25 ambienti – di cui 7 maggiormente legati alla discografia del gruppo e posizionati al piano terra, e il resto al piano superiore dei Chiostri – lungo un ideale itinerario che non si accontenta di celebrare un’epoca in modo lineare e autoreferenziale, ma preferisce invece costruire un’esperienza immersiva, multidisciplinare e trasversale. Del resto l’ovvio non è mai stato materia dei CCCP, e Felicitazioni! CCCP Fedeli alla linea 1984-2004 non fa eccezione in questo senso.
Quello di cui ci si rende conto quasi subito – più o meno da quando si entra nel Chiostro Grande posizionato vicino all’ingresso e allestito come una sorta di Checkpoint Charlie in versione ridotta, con una sezione reale del muro di Berlino, una iconica Trabant parcheggiata lì vicino, un palo con altoparlanti e un recinto di cavalli di Frisia – è che la mostra agisce su più livelli comunicativi: da un lato analizza il percorso della band sul versante della produzione artistica, tra dischi, manifesti, grafiche, video, fotografie (splendide quelle di Luigi Ghirri), gli abiti di Annarella e gli oggetti autocostruiti di Fatur; dall’altro materializza in ambienti metaforici e reali al tempo stesso gli input culturali, sociali e personali che in qualche modo diedero vita ai CCCP e rappresentano tuttora il retroterra delle loro canzoni.
Lo fa soprattutto nel piano superiore dei Chiostri, quando i nomi delle aree espositive diventano ad esempio Socialismo irreale o Reclame, e dove spiccano installazioni sorprendenti come una Stanza Lombroso dedicata agli ospedali psichiatrici (in cui lo stesso Ferretti lavorò in gioventù) e ai nomi degli psicofarmaci citati nei testi di alcuni brani del gruppo, o una Stanza Amandoti in cui si ascolta la nota canzone in una versione-collage che prende in prestito i versi dalle molte cover che si sono succedute nel tempo.
Non si può poi pensare ai CCCP slegati dal contesto politico in cui nacquero o da concetti come ideologia e appartenenza, che nel tempo sono stati il vero carburante dell’immaginario della band e il sottotesto capace di determinarne infine le sorti. Sarebbe stato assurdo pensare a una mostra sul gruppo che non li prendesse in considerazione, e così ecco che nella Stanza CCCP incontra la storia scorrono sul lunghissimo schermo delimitato da specchi alcuni degli eventi accaduti durante gli anni di carriera del gruppo, mentre nella Stanza Tienanmen questi ultimi si annunciano come tragedia umana, per poi farsi geografia e orizzonte culturale inesplorato al grido di Punk Islam.
Ci pare che due elementi contribuiscano a valorizzare esponenzialmente un percorso artistico definito da una grande lucidità progettuale e da materiali tutto sommato “di riciclo”, e quindi perfettamente in linea con l’attitudine della band: da un lato il sapiente utilizzo delle luci (poche), si parli di illuminazione tecnica, dei riverberi degli schermi e delle televisioni posizionate in situazioni di buio completo, o magari delle parole video-proiettate sulle pareti che diventano citazioni e al tempo stesso struttura; dall’altra l’aspetto delle aree espositive dei Chiostri, solo parzialmente ristrutturate e capaci quindi di stabilire con la loro decadenza un profondo legame, in termini di immaginario, non solo con gli oggetti in mostra, ma anche con l’estetica (post)punk del gruppo e – ci permettiamo di aggiungere – con quella Berlino del dopoguerra che determinò in qualche modo la nascita dei CCCP. Il contesto che si fa testo, insomma, e chi oggi ha almeno 40 anni e si ricorda come erano gli anni Ottanta, sa di cosa sto parlando.
Se, come qualcuno dice, Felicitazioni! CCCP Fedeli alla linea 1984-2004 sarà davvero l’ultimo atto della band reggiana, possiamo affermare con una certa sicurezza che rappresenterà una uscita di scena con tutti gli onori. E il merito è di un portato iconografico che infine si rivela anche una coraggiosa sfida a una modernità digitale il cui concetto di “esperienza” a volte è confinato a un semplice click su una tastiera di un computer: qui tutto rimanda a una dimensione analogica affascinante e ormai lontanissima nel tempo, fatta di oggetti da toccare, televisori a tubo catodico, arredamento consunto, filo spinato, abiti, stampe fotografiche da pellicola, copertine di dischi in vinile, disegni e progetti su carta, busti di Lenin, telefoni a rotella o magari anche i coni da diffusori “esplosi” e appesi al soffitto del Corridoio Onde.
Un modo di intendere la mostra che ci pare assai coerente con l’immaginario antagonista e la fisicità di una band che a quaranta anni dalla sua nascita trova il modo di essere ancora una volta significativa, per quanto con mezzi completamente diversi rispetto al passato. Del resto era proprio questo che ci si aspettava da una “cellula risvegliata” che in vita ha anticipato tutto e tutti senza mai fare compromessi, e in morte ha continuato a guadagnarsi rispetto e apprezzamenti ad ogni latitudine.
Antonio Santini for SANREMO.FM