voto
8.0
- Band:
DROWNED - Durata: 00:43:38
- Disponibile dal: 26/01/2024
- Etichetta:
- Sepulchral Voice
Streaming non ancora disponibile
Tutto si può dire dei Drowned, fuorché siano un gruppo a cui non piace prendersi il tempo necessario per confezionare nuova musica e ripresentarsi così sulle scene. Erano passati più di vent’anni tra l’avvio del progetto e l’uscita del debut album “Idola Specus”, periodo lunghissimo inframezzato soltanto da qualche EP e demo, e ne sono dovuti trascorrere altri dieci per riaccogliere il trio di Berlino sulle note mortifere di “Procul His”, opera dal taglio ancora una volta enigmatico e arcano che indirizza il concetto di old-school death metal su sentieri decisamente poco scontati.
Licenziato da quel marchio di garanzia che è la Sepulchral Voice, il disco immortala la band del chitarrista Tlmnn (ex Necros Christos) nel mezzo di una seduta divinatoria o di un rituale occulto, con alcuni nomi della scena dei tardi anni Ottanta/primissimi Novanta a fungere da oracoli e punti cardine di un suono che – nell’essere in ogni suo elemento tradizionale – non insegue la celebrazione telefonata di quell’epoca irripetibile o il facile accostamento a questa o quell’altra realtà. Presi singolarmente, gli spunti contenuti negli otto brani della tracklist oscillano quindi fra parentesi death/thrash secche e incisive e rintocchi doom dal sapore sibillino e negromantico, in un filare sonoro che può indubbiamente ricordare le parallele tracciate da certi classici; è la maniera in cui gli anelli di questa catena si intersecano tra loro, frutto della ricercatezza e dell’espressività del songwriting, a fare dell’ascolto l’esperienza accattivante che è, fondendo atmosfere paragonabili a quelle degli autori di “Domedon Doxomedon” (ma si potrebbero citare anche Grave Miasma e Venenum) con dosi generose di impatto e orecchiabilità vecchia scuola.
Musica che finisce così per assumere un carattere magico e atemporale, densa senza per questo mirare ai lidi ultracriptici frequentati da una branca del filone underground contemporaneo, e che in virtù di questo suo approccio necessita di essere assaporata con calma, come se il messaggio recondito di questi solchi potesse svelarsi realmente solo sulla lunga distanza.
Un’esperienza sensoriale avvolgente che, come avvenuto ai tempi dello splendido esordio, è anzitutto la riprova della centralità dei riff in qualsiasi contesto death metal degno di questo nome, oltre che di una visione artistica in grado di plasmare le vere origini del genere in modo intrigante e personale, con episodi del calibro di “Star Tower”, “Malachite Mirror” o “Man In Devil In Man” a dipingere uno scenario ora corporeo quanto un organismo in disfacimento, ora metafisico e ineffabile.
Chi saprà dedicarle attenzione, in controtendenza rispetto allo streaming selvaggio e alla musica usa e getta dei nostri giorni, potrà godere di un altro lavoro minuzioso a cura di una formazione ormai speciale per gli appassionati di questi suoni.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM