“Such Ferocious Beauty”, l’ultima uscita dei Cowboy Junkies, si pone in continuità con la loro ormai quarantennale carriera e consolida allo stesso tempo la rinnovata ondata creativa degli ultimi anni (“All That Reckoning”, “Ghosts”).
Già nell’introduttiva “What I Lost” si affronta uno dei temi centrali di questo lavoro: la demenza del padre dei fratelli Timmins e la conseguente perdita della memoria. Il brano ruota attorno alla voce leggermente lamentosa di Margot, che ripete più volte il verso iniziale “I woke up this morning”, cantato in prima persona come se a parlare fosse il padre. La canzone si trasforma dinamicamente, con lampi intermittenti di chitarra elettrica suonata da James McKie che si affianca a quella acustica, delicatamente pizzicata da Michael Timmins, insinuando una corrente di ansia che si trasmette nella voce che acquista progressivamente più determinazione. “Flood” inizia con distorsioni e riverberi, creando un immediato tono inquietante.
Un senso di urgenza è palpabile quasi in ogni traccia. Anche nei momenti dominati dalle strimpellate acustiche, come in “Mike Tyson (Here It Comes)”, c’è un’aura evocativa che ricorda la resa dei conti di un film western. D’altra parte il testo non parla del noto campione di pugilato ma dei pugni in pieno viso che la vita inaspettatamente ci riserva. Un analogo ragionamento si può fare anche per la ballata country “Hell Is Real” che, malgrado i toni sommessi, evoca l’imminente Apocalisse. Nell’incendiaria “Throw A Match” Margot, sostenuta da vivaci chitarre blues, si narra di fiammiferi da gettare in un magazzino di fuochi di artificio.
Gli arrangiamenti sono davvero impeccabili. Anche all’interno dei segmenti strumentali c’è un’evidente attenzione ai dettagli. Un ukulele emerge in “Shadows 2”, brano il cui titolo rimanda all’omonimo poema di D.H. Lawrence. Nella stessa traccia un violino si intreccia elegantemente con la parte ritmica. L’archetto guidato da James McKie riappare anche in “Knives”, insinuandosi sottilmente nella parte iniziale, fino a diventare una presenza nervosa e importante che evidenzia le radici folk del gruppo.
We can spend all our nights
Searching for a blue sky
But then, just there, we’ll be
I versi della tenera ballata “Blu Skies” ci conducono all’epilogo di questo album. Accompagnati da cinguettii di uccelli, i Cowboy Junkies ci esortano a focalizzarci sul momento presente non concentrando le nostre energie in remote prospettive future. È un finale dolce e contemplativo di un lavoro che, proprio come il suo predecessore, affronta temi di perdita e sfide familiari. Ritroviamo ancora una volta lo stile distintivo dei fratelli canadesi. Si scorge ugualmente un desiderio di condividere ed esplorare nuovi territori. Le melodie navigano nell’amarezza, ma allo stesso tempo rispecchiano le complessità dell’esperienza umana, dove bellezza e ferocia molto spesso non si contrappongono ma coesistono.
01/01/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM