“Where The World Begins” è il suo sesto album, l’ennesima raccolta di canzoni eleganti e armonicamente floride. Paul Simon, Lloyd Cole e Paddy McAloon restano i punti di riferimento più immediati, anche se Cormac O Caoimh ha dichiarato di ispirarsi più a Elliott Smith, Paul Buchanan, Nick Drake e gruppi come Go-Betweens e Scullion. Dei dieci brani che compongono “Where The World Begins”, ben cinque sono stati già pubblicati come singoli nell’arco di oltre un anno (purtroppo l’autore ha tenuto fuori dall’album “Didn’t We”, scritta insieme all’ex Go-Betweens, Lindy Morrison), ciò nonostante l’album possiede una compattezza lodevole.
La vera novità dell’ultimo progetto del musicista irlandese è racchiusa nelle tematiche dei testi, sempre meno surreali e allegorici, e dunque più intimi e personali.
Il brano iniziale, “My Little Buddha”, è un gradevole folk-pop, dedicato al proprio bambino e introduce uno dei temi ricorrenti del disco, ovvero il rapporto tra genitori e figli, argomento che le drammatiche atmosfere chamber-pop di “A Good Place For You” affrontano spostando la riflessione sull’importanza dell’eredità morale e sociale che ogni padre vorrebbe lasciare come punto di riferimento per le generazioni future, mentre il riff vocale più ossessivo di “Stay Calm”, ben stemperato da un refrain arioso, affronta il problema dell’autismo e della vulnerabilità emotiva degli adolescenti.
Raffinati fraseggi jazz caratterizzano “When Someone Says It Must Be Hard”, un brano che, con buona pace dell’autore, mostra più di un richiamo ai migliori Prefab Sprout, mentre a “Jealosy” spetta il compito di allentare la tensione con una melodia tanto semplice quanto fluida e sognante. Lo stravagante folk-pop di “Upside Up” ha un passo ritmico decisamente insolito, al quale fa seguito l’altrettanto bizzarra “There Is A World”, canzone lievemente straniante con melodie cantilenanti e sonorità di tastiere anni 80 che si intrecciano con risultati intriganti.
Con “Aliens” riaffiorano le tematiche più spirituali e filosofiche del disco, su eleganti strali orchestrali Cormac O Caoimh si interroga sulla vita aliena, recuperando quel surrealismo allegorico dei precedenti album e con “Aliens” si apre anche il trittico finale di “Where The World Begins”. La malinconia riaffiora tra le eleganti atmosfere di bossa nova di “There Must Be A Catch” e nelle più caustiche note di piano e archi della title track, che sottolineano l’accorato e struggente messaggio finale del musicista al proprio figlio: “Tu mi hai, sangue, ossa e pelle. Tu hai me, dove inizia il mondo”.
L’ultima sfida del musicista irlandese è ancora una volta ricca di spunti musicali interessanti e pregevoli: il suo folk-pop raffinato non è destinato a raccogliere successo o consensi critici, ciò nonostante è in dischi come questo che è racchiusa l’essenza della sempre più frugale passione per la musica come forma d’arte.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM