voto
7.0
- Band:
COFFIN CURSE - Durata: 00:43:07
- Disponibile dal: 22/04/2024
- Etichetta:
- Memento Mori
Streaming non ancora disponibile
Con i Coffin Curse, Max Neira e Carlos Fuentes, rispettivamente bassista/cantante e batterista dei notevoli progressive death metaller Inanna, danno sfogo ai loro istinti più veraci e furenti. Il progetto, attivo dal 2012 e già responsabile di vari EP e di un debut album pubblicato quattro anni fa, lascia infatti da parte la melodia e il delicato gioco di equilibri su cui si basa la proposta della band principale del duo per affrontare con decisione un death metal maggiormente vecchio stampo, nel quale le sovrastrutture vengono limitate il più possibile, cercando così di mantenere un impatto tutto sommato uniforme. Detto ciò, “The Continuous Nothing” non è comunque un disco esclusivamente votato all’ignoranza: se la breve durata e la relativa linearità dell’opener “Thin the Herd” possono suggerire un approccio particolarmente schietto, in verità i successivi episodi della tracklist rivelano comunque un evidente ingegno nella concatenazione dei riff e una indubbia preparazione tecnica, la quale resta tuttavia sempre attentamente al servizio dei brani, evitando ostentazioni che mal si concilierebbero con le mire del progetto. In ogni caso, Max e Carlos sembrano appunto incapaci di regredire totalmente, quindi non è raro imbattersi in spunti vorticosi e in microscopiche tessiture anche in questa dimensione votata alla ricerca di soluzioni un po’ più aggressive e minimali.
Le canzoni corrono principalmente sui binari di un death metal “fast & furious” che ha nella vecchia scuola statunitense i suoi maggiori riferimenti stilistici, con uno spirito nervoso e battagliero che avvolge tutte la tracce, prima che la conclusiva “The Dead’s Deafening Silence” – particolarmente ispirata all’operato di Ross Dolan e dei suoi Immolation nella seconda metà degli anni Novanta – cambi parzialmente orientamento, muovendosi in varie direzioni per poi iniziare a correre lungo un crinale di vuoti, pieni e ripartenze innescate da mutevoli intrecci chitarristici. Questa lunga suite, assieme a pezzi come “Reeking Filth of Ages” e “Among the Suffering Souls”, rappresenta il cosiddetto top del disco, ma il resto non è comunque da ignorare, anche se nel complesso non siamo ancora sui livelli di efficacia raggiunti dagli Hyperdontia o dai recenti Skeletal Remains in questo campo, dato che qualche brano sembra ancora mancare di un’adeguata caratterizzazione. Rimane comunque impressa la padronanza del duo cileno nel rivisitare classici come Morbid Angel, Deicide e appunto Immolation: partendo da tali basi, molti gruppi finirebbero per risultare piatti e scontati, ma in questo caso siamo al cospetto di ottimi musicisti, che non sono certo nuovi a un simile metodo di elaborazione. Senza arrivare al confezionamento di musica realmente multiforme, i Coffin Curse sono comunque riusciti a mettere sul piatto un buon numero di costruzioni sonore avvincenti, le quali saranno senz’altro in grado di appagare i cultori del filone.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM