voto
5.0
- Band:
BRUTALISM - Durata: 00:36:41
- Disponibile dal: 05/04/2024
- Etichetta:
- Comatose Music
A quattro anni dalla formazione e con qualche demo autoprodotto sulle spalle, arriva per i Brutalism la possibilità di esporsi attraverso una vetrina prestigiosa come quella di Comatose Music tramite il loro primo album “Solace In Absurdity”.
Il giovanissimo combo americano sembra tuffarsi a capofitto nella tradizione nazionale del technical death più esasperato, tralasciando impronte più moderne in favore di uno stile che si rifà certamente più ai ‘lontani’ anni ’90 che non alle odierne derive -core verso cui simpatizzano spesso formazioni più recenti. Assodato quindi un assetto dedito alla proposizione continua di assalti sonori aggressivi e debordanti, non si rimane certo colpiti favorevolmente già dall’eloquente introduzione della prima traccia: il sound risulta da subito confuso e gracchiante, e non serve certo essere dei fonici professionisti per capire che qualcosa non va nei continui picchi che si ripetono non appena la doppia cassa fa il suo ingresso in gioco. Durante l’ascolto completo dell’album, ci si renderà conto che non si tratta solo di una scelta azzardata in sede di mix, ma di una produzione fastidiosa che non esalta affatto l’operato musicale dei suoi esecutori.
Anche stilisticamente, risulta difficile citare qualche passaggio significativo nella prima parte di “Solace In Absurdity”: in nome di una forzata ricerca del riff più contorto possibile, si finisce per soffocare il senso compiuto della canzone, superando spesso il labile confine tra complesso e caotico. Inaspettatamente, le cose cambiano radicalmente nelle ultime canzoni del disco, sintetizzando nella lunga e finale “Asyncritus” uno stile parzialmente più maturo, posato, in grado di dare più spazio alla creatività ritmica e melodica dei Brutalism. Non sappiamo se il disco si componga di canzoni scritte in due diversi momenti distinti tra loro, ma l’effetto che si ha nel complesso è proprio quello di una disomogeneità netta tra le due parti dell’album. “Compulsive Act Of Repulsion” e “Consuming Obsession” potrebbero richiamare a tratti le gesta di Erik Lindmark e dei suoi Deeds Of Flesh (un nome che deve essere passato a lungo nello stereo dei quattro di Boise), ma non bastano purtroppo solo dei rari guizzi più esaltanti per sollevare il peso di un lavoro che fatica a trovare una propria identità o momenti più peculiari che ne giustifichino l’esistenza.
Non è lo sforzo di questi ragazzi a voler reinterpretare uno stile ed un’estetica old school ad essere biasimati in questa sede, quanto purtroppo una realizzazione di essi grossolana, priva di una visione generale avvincente e di un sound adeguato al contesto.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM