voto
6.5
- Band:
BOKASSA - Durata: 00:33:02
- Disponibile dal: 16/02/2024
- Etichetta:
- Indie Recordings
Streaming non ancora disponibile
Verrebbe da dire che i Metallica – che li scelsero per aprire dei loro concerti – non hanno portato poi così bene ai Bokassa, visto che sembravano sul punto di essere the next big thing solo poco prima che il Covid cambiasse gli stili di vita di tutti noi e forse i sogni di gloria dei tre norvegesi. E invece sembra che quel treno sia passato, i Bokassa non sono diventati una cosiddetta big thing, e saranno destinati probabilmente a rimanere un gruppo pur dignitoso, facente parte di un circuito forse più dimesso, fatto di club e festival, ma non per questo meno soddisfacente; e, a giudicare dal nuovo “All Out Of Dreams”, i tre sembrano ancora divertirsi molto a suonare il loro hard rock limato da punte di stoner e metal.
Va detto che l’aria dei quattro cavalieri di San Francisco aleggia non poco nelle derivazioni chitarristiche dei brani più ispirati, ricadenti ad un certo metal/grunge novantiano che troviamo in alcune canzoni, ma non mancano spruzzatine di Kiss (la sfiziosa e rilassata “Gung Ho”) o di sleaze rock scandinavo, seppure un po’ annacquato.
Sicuramente sanno come catturare l’attenzione, i Bokassa: hanno una capacità di scrittura più che discreta, soprattutto quando al servizio di brani diretti, vedi “Straight Edgelord”, col suo piglio alla ‘Black Album’, o “No More Good Days”, con divagazioni metal punk. Non mancano però anche dei momenti che strizzano l’occhio a ritornelli facilotti e melodie ruffiane, che finiscono con lo stancare un po’ troppo facilmente (la title-track ne è un esempio, ma la cosa riappare anche nella pur grintosa “Garden Of Heaten”).
Senza dubbio, il piglio di questo nuovo lavoro è fresco e dimostra quanto la band sia comunque conscia del proprio valore, di quello che scrive e di quale prospettiva usa quando lo fa: non si spiegherebbero altrimenti brani così diversamente ispirati tra loro come “Bradford Death Squadron”, col suo gagliardo incedere chitarristico capace di mischiare metal e stoner rock – frangente che torna con “Crush (All Heretics)” – ad altri molto meno intensi come “Lets Storm The Capitol”, il cui ritornello ci ricorda circa un milione di gruppi melodic hardcore degli anni ‘90.
Insomma, un album piacevole ma altalenante, dove la band ha spinto su qualche passaggio un po’ troppo radiofonico, ma che ha degli sprazzi di felice inventiva; un esempio: in una canzone non proprio riuscita, come “Lets Storm The Capitol”, ci sono circa sette secondi di inaspettato campanaccio a sorreggere un riff semplice ma efficace che risolleva il brano, oppure i quarantasei secondi di “Everyone Fails In The End”, strafottente e decisa.
Insomma, non c’è dubbio che i ragazzi abbiano estro e ancora diverse frecce nella loro faretra, vista la facilità con cui approcciano le fila delle proprie composizioni in ottiche anche diverse di disco in disco, ma qui sembrano un po’ troppo focalizzati a ricercare quel momento perfetto che poteva essere il trampolino per il grande salto, quando invece potrebbero tranquillamente godersi la piacevole forma che sanno mostrare nei migliori solchi di questo nuovo lavoro. Discontinuo e fondamentalmente innocuo, ma, alla fine, dai, le parti buone sono di più di quelle non buone.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM