Blu wav/ It’s a new day
Dopo sette anni di silenzio, tornano i Grandaddy. Per la prima volta senza Kevin Garcia. Difficile capire se il ritorno sia quello della band o se siamo di fronte a un lavoro progettato solamente dal leader Jason Lytle. “Blu Wav” vorrebbe giocare su una commistione tra i generi bluegrass e new wave, ma il risultato sembra più vicino a una raccolta di brani di matrice folk eseguiti, in gran parte, con cullanti tempi in tre quarti. Su questi morbidi e rarefatti “country” suonati nel deserto, giganteggia la pedal steel guitar di Max Hart (The War On Drugs e Melissa Etheridge) che colora di tinte malinconiche la quasi totalità di “Blu Wav”. Oltre alla chitarra, quasi sempre acustica, il resto del lavoro è affidato ai synth, pronti a riempire ogni frequenza e a disegnare traiettorie celesti per alzare lo sguardo dal mare di malessere con cui il buon Jason usualmente condisce le sue creazioni.
I rapporti finiti male, con il loro carico di rimpianto e nostalgia, sono quasi sempre al centro della narrazione. Se la separazione familiare del leader dei nonni abbia avuto una certa rilevanza, è un dubbio abbastanza consistente.
That dream we shared/ was it the truth or dare?
I tormenti amorosi non lasciano vie di fuga, mordono la quotidianità negli uffici di “Watercooler” con tanto di pianti nei bagni, irrompono con i ricordi di un viaggio sull’autobus di “On A Train Or Bus” o sbeffeggiano con un’app maligna che fa risuonare solo le canzoni più amate dagli ex in “Jukebox App” o tormentano la coscienza con la consapevolezza di non essere stato la persona giusta in “Long As I’m Not The One”.
Solo quando i synth aprono squarci di immensità in uno dei picchi dell’album, “You’re Going To Be Fine And I’m Going To Hell”, si ha una reale sensazione di sollievo.
L’isolamento sembra essere l’unica cura. E poco cambia che sia un luogo della mente come nel country introspettivo di “Cabin In My Mind” o in mezzo alla natura selvaggia di un parco naturale in “East Yosemite”, dove tra i solenni accordi di pianoforte e le saettanti note di steel guitar riappare il ragazzo che dormiva profondamente sotto il salice piangente per svegliarsi di nuovo felice.*
Rimangono solo a margine i temi storici della produzione della band, come la fatica di adeguarsi al mondo digitalizzato presente soltanto nei versi dell’opening track “Blu Wav” (“Open your eyes and your laptop/ To the sunrise”) o come la nostalgia bucolica presente tra i toni Belle and Sebastian di “Ducky, Boris And Dart”.
Certamente “Blu Wav” non è in grado di gareggiare con la migliore produzione della band di Modesto (“Under The Western Freeway” o “The Software Slump”), ma si rivela un album gradevole, formato da un’insolita raccolta di brani trattenuti al piccolo trotto, con una prima parte anche troppo omogenea e una seconda più viscerale sicuramente più intensa.
C’è una voglia di distacco dalla produzione precedente, d’altronde che senso avrebbe una band di cinquantenni che riNcorre se stessa con la tastierina e la chitarra distorta?
“Blu Wav” non si sa come intenderlo; essendo più simile alla produzione solista di Jason Lytle, potrebbe rappresentare la chiusura definitiva della carriera della band oppure è una fotografia di un momento di transizione della vita del leader (dei Grandaddy?) in attesa di – come ci auguriamo e come recita l’intro – un “new day”, l’apertura di un nuovo capitolo.
Ma potrebbe essere anche sufficiente pensare che c’è ancora qualcuno rimasto in campagna a bere birra e suonare la chitarra contando le stelle.**
*Cit. da “Underneath The Weeping Willow” da “The Software Slump”
**Cit da “Collective Dreamwish Of Upperclass Elegance” da “Under The Western Freeway”.
21/02/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM