In una tipica proposta che ha coniugato raffinata ricerca stilistica e fruibilità, Il quintetto mancuniano si è sempre distinto per la condivisione di progetti che hanno mantenuto un livello qualititativo costante ed elevato. Anche “Audio Vertigo”, loro decimo album in studio, non sembra interrompere questa fulgida escalation.
Nel nuovo progetto, l’esperta formazione britannica guidata dal frontman e paroliere Guy Garvey osa spostare il proprio elegante, dotto e geniale art-pop a un livello successivo, non che questo rappresenti una clamorosa novità per chi ha avuto modo di seguirli nel corso degli anni.
Registrato nel corso del 2023, il disco rappresenta una significativa evoluzione, soprattutto se rapportata alla precedente pubblicazione, “Flying Dream 1” (2021), che aveva risentito di una certa frammentarietà causata dall’aver forgiato i brani a distanza a causa del lockdown.
Il cantante Guy Garvey descrive l’album come una raccolta di groove intrecciati e ficcanti, che mostrano, a tutti gli effetti, un orientamento diretto e, al contempo, decisamente diversificato.
I testi di Garvey traggono ispirazione dalle relazioni distruttive, tumultuose e tossiche del suo passato, ma pare che queste forti passioni, più che segnare in negativo il sardonico personaggio, lo abbiano addirittura svagato, stimolandolo nell’approcciare in modo paradossalmente più vivace i pensieri esposti, con ogni probabilità anche grazie a una raggiunta serenità coadiuvata dalle dinamiche dell’attuale matrimonio.
Fin dalla traccia di apertura, “Things I’ve Been Telling Myself For Years”, l’ascoltatore è immediatamente immerso in un mondo corredato da cadenze contagiose, melodie imprevedibili e lussureggianti, che poggiano immediatamente le basi per un viaggio eclettico e stuzzicante.
Il singolo “Lovers’ Leap” è caratterizzato dal magnetico suono del corno, nonché da ipnotiche sequenze che accompagnano la voce di Garvey a librarsi sull’intricato arrangiamento, offrendo una riflessione arguta e cupa su amore e abbandono.
Le fragranze synth-pop eighties di “Balu” e l’alt-rock di “Good Blood Mexico City” mostrano la propensione degli Elbow nel fondere vari generi musicali, incorporando elementi funky, jazz, new wave, rock tradizionale, alla complessità e ricchezza del rock progressivo.
L’acuto spirito narrativo di Garvey traspare attraverso ogni brano. In “Knife Fight”, è dipinto un quadro vivido di un alterco realmente vissuto dall’autore in quel di Istanbul, mentre “The Picture” esplora temi di mistero e desiderio con inquietante seduzione.
Anche la produzione dei brani mostra la notevole attenzione profusa dalla band nel curare anche il più minuscolo dettaglio e l’impegno considerevole nell’aggiungere ulteriori innovazioni sonore al loro già folto catalogo. Ogni traccia è realizzata meticolosamente, con strumentazioni stratificate e accordi rigogliosi che affascinano e a tratti sorprendono: che si tratti dei brillanti sintetizzatori con i quali è adornata “Very Heaven” o delle pulsanti linee di basso di “Her To The Earth”, ogni elemento dell’album sembra il frutto di una maniacale ricerca verso il miglior risultato possibile.
È difficile restare attrattivi dopo svariati anni di carriera e soprattutto dopo aver distribuito parecchi album, alcuni dei quali di livello assoluto. Quando avrete bisogno di pescare un nominativo che possa dimostrare questo concetto, scegliete pure gli Elbow, un esempio di comunione tra sonorità moderne e quelle che hanno forgiato il loro glorioso passato.
04/04/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM