voto
7.0
- Band:
LAST RITES - Durata: 00:22:44
- Disponibile dal: 08/03/2024
Liguria, terra di sole, mare e metal estremo, quasi una piccola Florida, capace di sfornare acclamati pionieri come i Necrodeath negli Ottanta e i Sadist nei Novanta. Non solo De André e scuola genovese quindi, non solo Klasse Kriminale, Meganoidi e ska, punk e reggae, ma una tradizione musicale ben radicata nel territorio che partorisce, ormai da decenni, anche interessanti proposte in ambito metal.
Tra queste, i savonesi Last Rites, anche loro di certo non di primo pelo: attivi addirittura dal ‘97, pur adottando qualche soluzione più contemporanea a livello ritmico, sono ben ancorati al death melodico che in quegli anni imperversava in tutta Europa. Un metal estremo decisamente più flemmatico che irruente, progressivo in alcune soluzioni strumentali che rimandano ai Death di “Individual Thought Patterns”o “Symbolic”, ai Carcass di “Heartwork” e perfino alle raffinate armonizzazioni di chitarra e agli assoli dal grande gusto melodico dei Crimson Glory. Il melodic death metal di stampo svedese è quindi solamente uno dei vari ingredienti del piatto, visto che i Last Rites sono capaci di estendere il loro raggio d’azione anche al thrash e addirittura al black metal, sempre rimanendo all’interno di quel crossover di stili estremi su coordinate melodiche che vide la luce e immediatamente spopolò verso la seconda metà degli anni Novanta, e di cui anche l’Italia, vista la sua tradizione, non può che essere credibile portabandiera.
Se musicalmente non è possibile trovare un ponte diretto coi più famosi conterranei già citati, la voce principale ad opera del chitarrista e fondatore Dave – alla quale affianca ogni tanto anche un growl – può ricordare lo scream beffardo di Flegias nei riformati Necrodeath di fine anni Novanta e quello altrettanto sardonico ma più strozzato di Zanna sul secondo dei Sadist, “Tribe”.
Manca forse un po’ di carisma ed espressività, ma le parti vocali ben si integrano con la musica, dando l’impressione di un processo compositivo molto ragionato unito ad adeguate esecuzioni e registrazione. Si apprezzano anche la dizione e i testi, in lingua inglese, improntati ad una critica alla società contemporanea senza più valori e significato, incapace di superare la dipartita di Dio sancita da Nietzsche un secolo e mezzo fa; superamento possibile solo per il singolo attraverso un percorso di crescita personale forgiato nella sofferenza e nella disciplina, indispensabile per trasmutare tale dolore in forza interiore.
In conclusione un lavoro ben curato, quasi impeccabile, la cui riuscita finale è inficiata da due sole questioni di fondo: la durata ridotta dell’album – per quanto il formato dell’EP ben si concili alla scena musicale odierna intesa nel senso più ampio possibile e ai suoi modi di fruizione – e una certa prevedibilità della proposta dei liguri che, tuttavia, presentando sonorità a cavallo di vari stili e rifuggendo una riproposizione ortodossa di canoni consolidati, risultano un piacevolissimo ascolto per gli appassionati di vecchia data e nuove leve dai gusti più classicheggianti.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM