voto
7.0
- Band:
BROWBEAT - Durata: 00:31:12
- Disponibile dal: 22/03/2024
- Etichetta:
- Time To Kill Records
Non sono solo tornati in attività, ma sembrano quasi attraversare una seconda giovinezza, i Browbeat, che dopo il buon “Remove the Control” del 2017 hanno affiancato sui palchi gruppi importanti come Madball, Cro-Mags, Slapshot, First Blood e molti altri.
Sono lontani i primi 2000, quando i modenesi si imponevano nella penisola con l’hardcore metallico di “No Salvation” e ottenevano consensi europei pubblicando “Audioviolence” per l’inglese Casket Music/Copro Records, lavorando con il produttore Dave Chang allo stesso modo di realtà fiorenti del panorama heavy e alternative/nu metal italiano come Linea 77 e GF93.
Ripreso il filo del discorso con “Remove the Control” nel 2019 e l’EP “The Showdown” del 2022, la band di M.V. e Luca ‘Cocco’ Cocconi firma il quarto disco in studio senza cambiare una virgola nell’approccio e nell’attitudine, suddivisa equamente tra il riffing groovy e ribassato proprio di Cocconi e i testi avvelenati del frontman, che prendono di mira tanto il sistema quanto i collusi con esso nei più tipici stilemi hardcore.
Una formula ormai ‘vecchia scuola’, certo, che non mira ad aperture stilistiche innovative, attuali crossover multigenere o incorporare elementi inediti, con al contrario dei riferimenti ben precisi che arrivano perlopiù dalla seconda metà dei Novanta. I Browbeat oggi sono da considerarsi veterani, con una formula ben definita che funziona a dovere: eccoli quindi avvicinarsi ai Machine Head nelle costruzioni e nell’uso delle chitarre acustiche nell’opener “The Misers”, spostarsi verso il groove tipico dei Soulfy in “The Real Face” o inasprire la propria formula con riff solforosi e slayeriani in una “Loud Voices”, che a tratti si avvicina alla violenza del beatdown (con tanto di “blegh!“).
Dal punto di vista della composizione, si privilegia sempre la soluzione dinamica e attitudinale, tralasciando complessità inutili sia per quanto riguarda il riffing che la costruzione del singolo pezzo, in una formula snella, diretta e muscolosa che mantiene alti livelli di intensità per tutte le otto tracce del disco, alle quali si aggiunge l’azzeccata cover di “Hold It Down” dei Madball a testimonianza di uno degli storici riferimenti dei modenesi.
Completa il quadro l’ottima produzione degli Audiocore Studio di Cocconi, marchio di fabbrica di tutte le band del chitarrista (The Modern Age Slavery, Amassado), sempre pulita, potente ma anche autentica e ‘live’.
Parlando di difetti minori è obbligatorio fronteggiare un suono che ai tempi era attualissimo ed ora appare un pelo datato, insieme ad una scrittura che in tutti i suoi pregi rimane immobile e può, soggettivamente, dare una sensazione di ripetitività. Sono però intensità e un sound privo di fronzoli a rappresentare la miglior qualità di “Unbreakable”, un disco che sa di certezze, in cui possiamo ritrovare l’essenza dei Browbeat in trenta minuti privi di cadute di stile o di cali di tensione.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM