Con la realizzazione di “Saint Cloud”, Katie Crutchfield diede una decisa svolta non solo alla sua carriera da musicista, ma anche alla propria vita personale. Il bellissimo lavoro prodotto da Brad Cook concludeva una parabola di emancipazione dall’abuso di alcol (“I mostly keep to myself/ what I’m going through/ I’m in a war with myself/ it’s got nothing to do with you”, recitava “War”) e riappacificava la cantautrice con le proprie radici southern. Sul piano musicale questa svolta si tradusse in una consapevole e floreale metamorfosi alt-country: abbandonate le chitarre distorte e l’atmosfera tesa e claustrofobica di “Out In The Storm”, le canzoni di “Saint Cloud” venivano baciate dal sonnolento meriggio degli Stati del Sud e accarezzate da una leggera brezza di speranza.
Con la rinascita artistica è giunto un successo di pubblico inaspettato, ma anche la pressione psicologica di doversi riconfermare. Tuttavia, nello scegliere la veste sonora per le nuove dodici canzoni scritte perlopiù durante il tour del 2022, Katie e Brad hanno compiuto una scelta coraggiosa: replicare la formula adottata in “Saint Cloud” e sperare che l’ispirazione sia rimasta intatta. Una scommessa che Waxahatchee e il suo produttore hanno vinto in pieno. “Tigers Blood” è infatti un disco magnifico, forse ancor più del suo predecessore, e, ovviamente, il merito non è solo della raffinatezza degli arrangiamenti, ma anche e soprattutto della scrittura che sostiene lo scheletro ritmico e metrico delle canzoni.
In realtà il sound della nuova raccolta è decisamente più robusto rispetto a quello di “Saint Cloud” e si avvicina maggiormente al southern rock, anche grazie alla chitarra elettrica di MJ Lenderman, che impazza ad esempio sul finale di “Ice Cold”, e al drumming di Spencer Tweedy. Sia nei momenti più graffianti come nella liberatoria “Bored” che nei pezzi alt-country (“Burns Out At Midnight” o “Lone Star Lake”) tutti gli strumenti s’incastrano perfettamente. Del resto, la riuscita dell’impasto sonoro – e del lavoro di missaggio e produzione – è impressionante fin dalla splendida traccia d’apertura, in cui la prima parte con la voce di Crutchfield quasi sospesa nel vuoto contrasta con il respiro a full band della seconda fase.
Quando però la componente strumentale si sgonfia, la scrittura di Crutchfield si riappropria della scena. Nell’introspettiva ballata “Crimes Of The Heart” la teatralizzazione delle emozioni, anziché trovare un infuocato corrispettivo musicale, si adagia su un soffuso anticlimax. “365”, invece, si regge completamente sulla performance vocale della musicista e i delicati strumming di chitarra accompagnano la recitazione di alcuni dei versi più toccanti della raccolta, i quali descrivono una dinamica di codipendenza:
So when you kill, I kill
and when you ache, I ache
and we both haunt this old lifeless town
and when you fail, I fail
when you fly, I fly
and it’s a long way to come back down
Come confidava poco tempo fa a Pitchfork, adesso che ha conquistato la pace esistenziale, Crutchfield vuole provare a scardinare il mito della figura artistica tormentata, continuando a trarre ispirazione dalla propria quotidianità. È però ben consapevole che la vita di una musicista di successo non corrisponde a quella della quasi totalità del suo pubblico. Per questo dare un seguito a “Saint Cloud” era a tutti gli effetti un compito arduo, ancor più se per la prima volta nella sua carriera il materiale testuale non si sarebbe potuto affidare all’elaborazione di un doloroso break-up o al superamento di una crisi personale. Tuttavia, è proprio quando la sua love song indugia con delicato realismo sugli alti e bassi di una relazione duratura, senza cadere in un romanticismo idealizzante o in un’eccessiva drammatizzazione, che il cantautorato di Katie Crutchfield rivela tutte le proprie potenzialità. Dando completa dignità poetica alla comune fatica di vivere, “Right Back To It” aveva suggerito, fin dalla sua pubblicazione come singolo, la strada che Waxahatchee stava imboccando con il suo nuovo lavoro. “Tigers Blood”, però, non testimonia solamente la totale padronanza della forma da parte della sua autrice, ma è già, a pieno titolo, un classico.
22/03/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM