I dischi degli Inquisition escono quasi a cadenza regolare, ogni tre o quattro anni. Una sorta di appuntamento fisso a cui è impossibile mancare, considerando la qualità di tali prodotti, solitamente medio-alta se non eccelsa (“Ominous Doctrines Of The Perpetual Mystical Macrocosm” è tra i must estremi del nuovo secolo).
Questi intervalli non sono per nulla casuali, poiché se da un lato non mettono affatto in discussione la continuità del progetto, ne costituiscono comunque uno stacco necessario per poter riordinare le idee, mutando (ma non stravolgendo) la materia sonora da proporre alle nostre orecchie.
Rispetto al precedente (nonché ottimo) “Black Mass For A Mass Grave”, la proposta di Dagon ha ridotto il minutaggio delle varie composizioni, optando per un approccio più diretto ma allo stesso tempo maggiormente cupo e opprimente. È un black metal arcano e ferale, quello degli Inquisition, dove ogni riff avanza minaccioso come una cappa di oscurità proveniente dal passato.
La splendida doppietta iniziale ci permette di penetrare a fondo all’interno di questo mood, un gelo cosmico (in sintonia con le loro produzioni più algide) qui capace di scendere a patti con alcune notevoli parentesi gotico-atmosferiche: è il caso dell’avvolgente break presente in “Memories Within An Empty Castle In Ruins” (il titolo può solo accompagnare), una vetta tra le tante di un album tra i più neri mai concepiti dal polistrumentista di origini colombiane (sempre in compagnia del suo batterista di fiducia, Incubus).
Nella seconda metà del lavoro, è importante segnalare l’imponente “Secrets From The Wizard Forest Of Forbidden Knowledge” (con quel refrain che tanto profuma di metal anni Ottanta) e l’eccellente title track, un midtempo strettamente legato agli aspetti più intimi e rituali della band (“Blood from the stars fills my chalice, dark like a cryptic shadow. I drink your spirit of the galaxy, in the form of ancient blood, under the moon of night”).
Nonostante siano stati osteggiati, boicottati e scaricati da una discreta fetta di appassionati (Dagon patteggiò in tribunale in merito al possesso di materiale pedopornografico, senza comunque mai essere condannato per reati sessuali), gli Inquisition sono ancora qui, anche per spazzare via quel moralismo dilagante che ancora oggi non riesce a separare gli aspetti umani da quelli artistici di un individuo. Se poi parliamo di black metal, queste controversie assumono dei contorni ancora più grotteschi e paradossali. In questi casi, andare oltre è l’unica strada che ci sentiamo di percorrere: lunga vita alla musica degli Inquisition!
12/02/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM