voto
7.0
- Band:
KONTACT - Durata: 00:32:49
- Disponibile dal: 19/01/2023
- Etichetta:
- Dying Victims Productions
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Il freddo del Canada è propellente naturale per formazioni che, anche quando si cimentano con sonorità di metal tradizionale, ne portino un’interpretazione abbastanza singolare. I Kontact da Calgary, formatisi una manciata di anni fa (nel 2021) giungono al primo album sulla scia di un EP edito nel 2022, “First Contact”. Se non si è propriamente distratti sul tema, la copertina coi suoi colori imperfetti, tipo stampante con qualche carenza nei colori primari, la grafica da albori dei computer e lo scenario fantascientifico ritratto, dovrebbero già instillare qualche idea su come affrontino l’heavy metal questi musicisti.
Se qualcuno vi avesse visto una qualche assonanza con i Voivod (soprattutto per il logo del gruppo), beh, ci avrebbe azzeccato. I Kontact sono sicuramente dei grandi fan della formazione di Snake e Away. Nel riprendere i dettami di questi leggendari pionieri dell’esplorazione sonora si concentrano sulle loro pulsioni metalliche originarie, rinvenienti prevalentemente nelle opere ottantiane. In “Full Contact” andiamo a incontrare un heavy metal impulsivo e sovrastrutturato, nel quale vanno a incrociarsi le istintività giovanili, gli entusiasmi di chi si è appena affacciato sulla scena, con un bagaglio tecnico di alto profilo e la volontà di innestare accostamenti bizzarri in uno scintillante telaio metallico.
Lo potremmo definire un heavy metal sperimentale quello dei Kontact, in un’ottica genuinamente ottantiana: suoni digitali dal forte odore di fantascienza fanno deviare costrutti arrembanti e urgenti verso suggestioni immaginifiche, ammantate di una patina di stralunata follia per come paiono piroettare in freddi ecosistemi interplanetari. La musica può prendere pieghe abbastanza assurde e piacevolmente anacronistiche, come potevano usare alcune entità heavy metal che, negli anni ’80, volevano contaminare suoni ‘classici’ con qualcosa di più esotico e raramente utilizzato da altri.
Altre influenze attingono, per uso delle melodie e di registri espressivi anche relativamente leggeri e orecchiabili, al filone classic metal americano, come a quello del power metal europeo più datato, o ai fraseggi della NWOBHM. Un metal, quindi, prodigo di cavalcate furibonde e luminose, sorretto da un chitarrismo funambolico e ricco di sfumature, alimentato da una sezione ritmica spigliata e vocalizzi tanto sgraziati quanto efficaci per il contesto in cui sono posti.
Come altri gruppi coevi, si nota pure il recupero filologico di un tipo di registrazione esile, dai suoni sgranati e fragili, evocanti un qualcosa di arcano e primordiale assieme. “Full Contact”, per come suona, è proprio una di quelle pubblicazioni che poteva pure essere uscita quarant’anni fa, e non ce ne saremmo accorti. Si scava nella propria memoria per cercare qualche assonanza, visto che il gusto pittoresco della compagine canadese ci porta nei recessi dell’underground più datato: con il loro sbilanciamento verso il metal classico, e il contemporaneo amore per il techno-thrash, si avvicinano agli svedesi Hexenhaus, anch’essi in bilico tra un heavy metal parecchio complicato e il thrash.
Nella sua brevità, la tracklist è prodiga di una gradita varietà di soluzioni: la lenta narrazione progressive di “Watcher Of The Edge Of Time”, i duelli chitarristici senza respiro di “Emperor Of Dreams”, i grovigli strumentali tumultuosi di “Doppelgänger”, le inflessioni anthemiche e rolleggianti di “Heavy Leather”, la maideniana “Bloodchild”. C’è ancora qualcosa da limare qua e là, nel dare un minimo più di ordine allo straordinario impeto e all’abbondanza di idee dei quattro, ma il quadro generale già ora è soddisfacente. “Full Contact” non passa inosservato, non si confonde, è imperfetto ma diffonde sensazioni poco comuni nel metal odierno. Chi nel metal classico cerca qualcosa di un po’ fuori dal seminato e con una sua impronta caratteristica farebbe bene a dare un ascolto, chissà che non si scateni una qualche specie di amore per questi musicisti canadesi.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM