Nella mia atipica visione, il violino è per la musica classica l’alter ego creativo della chitarra elettrica, e in questo mondo ideale Paganini e Hendrix sono figli della stessa folle inventiva. Per questo motivo mi sono concesso una lieve digressione dall’ordinarietà, stimolato da una singolare composizione per violino e vecchi nastri manipolati con un Tascam a quattro tracce, “Don’t Throw Your Head In Your Hands“, brano di Nicole Lizée che vanta collaborazioni con Kronos Quartet e Bang On Can, oltre a un profilo avant-classic di tutto rispetto, le cui sembianze finali hanno ben poco dell’ortodossia della musica classica, con risvolti sonori più affini alla sperimentazione elettronica: sette minuti e quarantadue secondi di pura estasi, un matrimonio di tecnica e potenza creativa di raro fascino.
Grazie a questa piacevole parentesi sono venuto in contatto con “Describe Yourself”, ultimo album del rinomato violinista canadese Christopher Whitley, musicista già autore di un buon numero di opere, credo siano almeno quattro, e da sempre interessato a nuovi linguaggi espressivi, con concessioni non solo alla musica contemporanea ma anche all’elettronica, all’improvvisazione e all’interazione con linguaggi multimediali.
Per questo nuovo album, Whitley ha pescato nel repertorio di rinomati autori canadesi di musica contemporanea, concedendo una particolare attenzione a “Bellatrix”, brano scritto da Jeffrey Ryan che Whitley rielaborò nel 2017 per poter ottenere l’ingresso nel Canada Council for the Arts, un concentrato di singolari virtuosismi per violino e voce, un dialogo tra acrobazie, grida e mormorii vocali e il suono di uno Stradivari Taft del 1700, strumento prezioso che Whitley fa vibrare con insolita verve.
L’album è ricco di interessanti commistioni e di avvincenti sorprese, come l’intrigante “In Bruniquel Cave”, un brano dove la sovrapposizione di diversi violini ricrea l’ambiente della vecchia grotta che ha ispirato l’autrice Fjòla Evans, un sito in Francia dove sono state ritrovate antiche stalagmiti risalenti al Neanderthal.
A loro modo romantiche e intense, le sei parti di “Six Tableaux For Violin” sono dei brevi e incompiuti interludi, scritti dal percussionista Evan J.Cartwright, schizzi avantgarde in bilico tra armonia e strappi ritmici.
Altra succosa parte del disco è riservata all’opera di Kara-Lis Coverdale, punta di diamante dell’avanguardia e della neoclassica contemporanea, autrice avvezza all’uso dell’elettronica in un’ottica di dematerializzazione del suono, anche se i tre capitoli di “Patterns In High Places” possiedono una potenza e una dinamica fisicamente intensa.
“Describe Yourself” assume infine i contorni di una eccellente introduzione alla musica neoclassica e contemporanea canadese, Whitley sceglie per questa volta il ruolo di esecutore e non di autore, con il lodevole risultato di incuriosire l’ascoltatore anche casuale, al quale non sfuggirà la particolare esibizione di Leslie Ting nella title track, un brano che in apparenza sembra ridursi a un semplice dialogo a due voci con un violino che man mano viene sacrificato dall’uso dei surreali dialoghi, ma che in verità è terreno di sperimentazione per l’algoritmo Zoom, il cui scopo è ridurre il rumore di fondo delle registrazioni audio: se non credete alle mie parole, ascoltate il pezzo in cuffia, vi stupirà.
L’album del violinista canadese è una preziosa scoperta per gli appassionati di linguaggi sonori che sappiano creare un ponte tra passato, presente e futuro. Un’opera non ordinaria che apre stimolanti orizzonti.
10/01/2024
Antonio Santini for SANREMO.FM