voto
7.5
- Band:
DAWN OF A DARK AGE - Durata: 00:43:44
- Disponibile dal: 08/12/2023
- Etichetta:
- My Kingdom Music
Streaming non ancora disponibile
Se vi doveste avvicinare a questa band per la prima volta, senza alcuna informazione, forse prima di esprimere un qualsivoglia giudizio vi chiedereste con che cosa avete realmente a che fare: black metal? Musica sperimentale? Uno spoken word musicato? Forse, semplicemente, Dawn Of A Dark Age è folklore, nel senso più puro del termine: quindi non folk metal o altre declinazioni che puntino l’accento sulla musica, quanto una narrazione di terra e tradizione, che chiudendo gli occhi ci piace immaginare di ascoltare raccontata davanti a un camino nel bel mezzo di un gelido inverno.
Del resto, avete mai ascoltato un album black o avant-garde che parlasse della transumanza? Ma al tempo stesso, perché dovrebbe essere meno efficace e affascinante rispetto alla narrazione di vicende che riguardano le foreste della Norvegia? L’amore per la terra d’origine (l’antico Sannio, cui appartiene il Molise che ha dato i natali a Sabelli, mastermind di questo progetto) è noto e fin dall’avvio si percepisce la poesia popolare e terrosa che, ancor più che in passato, dà forma al progetto; il clarinetto, strumento di elezione, è una voce speciale e ormai completamente identificata con questa band, nella sua unicità comunque sempre ben innestata con le ritmiche serrate e i riff forsennati più tipici del genere.
Come esempio di questa fluidità mai banale tra i diversi registri, è veramente intenso l’innesto tra la lunga intro narrata e l’esplosione della (quasi) title-track “Transumante”: “il mandriano si mette in cammino” ed ecco la sincope degna dei Tool con cui entriamo quasi fisicamente nel gruppo di pastori in viaggio sui tratturi.
C’è del resto un’estrema potenza immaginifica lungo tutto il disco, e ha molto peso, in questo, anche il gioco continuo tra le diverse voci o i diversi registri usati da Sabelli stesso (“Il Gran Tratturo Magno” ne è forse l’esempio migliore), che intensificano la sensazione di un racconto popolare ed eterno, soprattutto nei passaggi acustici; il lavoro della batteria (a cura di Diego ‘Aeternus’ Tasciotti) è intensissimo, ma in grado di adeguarsi anch’esso alle diverse anime messe in campo, compresa quella più jazz – parte nota della formazione musicale di Sabelli –, ben evidente su “I Regi Tratturi”.
Si tratta insomma di un lavoro che non si rivolge probabilmente a un pubblico distratto, o alla ricerca di ‘semplice’ black metal fatto con lo stampino; ma se di questo genere amate l’atmosfera in senso lato, e quando anche la parte lirica ha il suo peso, regalatevi una strenna natalizia made in Italy.
Immaginando, come accadeva qualche decennio fa, di veder annunciare le feste dal passaggio dei pastori con le loro ciaramelle.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM