voto
7.5
- Band:
NO MAN EYES - Durata: 00:46:29
- Disponibile dal: 10/11/2023
- Etichetta:
- Buil2kill Records
Terzo album per i No Man Eyes, intitolato “Harness The Sun”, che arriva a ben sette anni di distanza dal precedente “Cosmogony”, pubblicato nel 2016. Qualche ritardo è stato probabilmente dovuto anche al fatto che il batterista Michele Pintus si è trasferito all’estero, costringendo la band ad un periodo di pausa forzata, per fortuna poi superato con l’innesto di Tony Anzaldi.
Il nuovo lavoro è un concept album d’ispirazione fantascientifica, che vede protagonista uno scienziato, interpretato dal cantante Fabio Carmotti, il quale ha costruito un androide (interpretato da Claudio Canovi) e racconta del loro viaggio verso il Sole, dove incontreranno un’entità extraterrestre, impersonata da Silvia Criscenzo. C’è dunque una trama con vari personaggi, un po’ sullo stile delle metal opera, dove intervengono più cantanti nel corso della storia, che affiancano e duettano con il solista principale.
Dal punto di vista stilistico, si ravvisano alcuni cambiamenti rispetto a “Cosmogony”: quest’ultimo disco era caratterizzato, infatti, da un sound potente e robusto, con riff decisi e una sezione ritmica dirompente, al limite talvolta del death/thrash.
Con questo nuovo lavoro, invece, i No Man Eyes optano per sonorità più equilibrate, con una maggiore presenza di tastiere: potremmo descrivere il loro stile come un metal melodico con sfumature modern e venature prog, che in alcuni frangenti ci ha fatto pensare agli Eldritch più recenti o ai Labyrinth.
Proprio ad enfatizzare il più importante ruolo qui svolto dalle tastiere, ritroviamo alcuni ospiti quali Dave Garbarino (in “I’m Alive”) e Gabriels (al secolo Gabriele Crisafulli), autore di meravigliosi assoli in “Craving Tomorrow” e “Viracocha”, dove i suoi tasti d’avorio dialogano con la chitarra di Andrew Spane, musicista che non si tira certo indietro quando si tratta di far vedere il proprio virtuosismo e che di tanto in tanto lascia emergere tra le proprie influenze la sua formazione neoclassica (anche se ora magari meno che in passato).
Un’autentica garanzia, poi, il cantante Fabio Carmotti, mentre il nuovo innesto Tony Anzaldi rivela una formazione fusion, come dimostra ad esempio nel brano “I Am Alive”, ma ovviamente non sfigura assolutamente come autentico batterista metal.
I risultati sono alquanto convincenti, tanto che a nostro parere il gruppo ligure ha saputo realizzare il proprio lavoro più maturo ed equilibrato: i brani sono ben strutturati e riescono ad articolarsi tra momenti più aggressivi e passaggi più introspettivi, ben scanditi dall’alternarsi delle voci, di parti arpeggiate, riff potenti o assoli dirompenti.
Un po’ tutta la tracklist è di buon livello, ma alcuni brani si mettono in particolare evidenza, come “Craving Tomorrow”, la titletrack, “I Am Alive”, “Viracocha” e “Son Of Man”, la traccia più lunga dell’album, ricca di suggestioni e atmosfere: quest’ultima rappresenta, in un certo senso, quasi la conclusione del concept, prima della chiosa finale vera e propria, affidata a “When Life Goes Away”, una traccia interamente incentrata sulla chitarra acustica, che dà un assaggio di quanto sia bravo Andrew Spane anche quando stacchi lo spinotto dalla sua chitarra elettrica.
Buon disco, dunque, che rilancia con decisione questa formazione, di cui sembrava si stessero perdendo le tracce ma che, visto il livello, auspichiamo possa proseguire il proprio percorso artistico con maggiore costanza e continuità.
Daniel D`Amico for SANREMO.FM